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Judo

"FENOMENI" - Edoardo Neppi, un bassista sul tatami

Ritmo, armonia, passione. Tre parole che ogni judoka conosce bene. Tre concetti molto presenti anche a chi si occupa di musica. La storia che vi raccontiamo oggi per la rubrica “Fenomeni” intreccia judo e musica, nel percorso di un veterano di entrambe le arti: Edoardo Neppi.
Classe 1947, Edoardo, cintura nera secondo dan, da qualche anno tesserato presso il Judo Club Ken Otani di Trieste, è da sempre un appassionato di judo. Prima della pandemia perdeva di rado un allenamento e, malgrado non sia più un ragazzino, non si è mai tirato indietro nel confronto anche con i più giovani, per poi finire le serate a parlare di gare, recenti e passate e dell’evoluzione del judo, mantenendosi sempre aggiornato su tutto ciò che gira intorno alla nostra disciplina. D’altra parte, la sua passione ha radici lontane: era il 1970 quando iniziò a praticare judo, sotto la guida del Maestro Ragno. Da alcuni anni un’altra passione aveva già attecchito su di lui: quella per la musica. Un colpo di fulmine scoccato in una gita scolastica.

“Eravamo in gita a Valbruna, avevo soltanto tredici anni e una sera in un locale vidi una bellissima ragazza bruna appoggiata a un ju-box. Mise una monetina nella macchina e fece partire un classico di quei tempi, “Apache” de The Shadow, una band molto in voga all’epoca. Rimasi incantato!”

Tornato a Trieste, qualche tempo dopo, si verificò un altro caso del Destino: un suo conoscente gli vendette una chitarra, ancora in ottimo stato, al prezzo di favore di 3000 lire. Da autodidatta Edoardo iniziò a strimpellare, andando ad orecchio. Un giorno, sempre per combinazione, venne ascoltato da un altro giovane, che ne intuì le potenzialità musicali e lo invitò a casa per aiutarlo a imparare a suonare meglio.

“Voleva formare una band e quindi il suo aiuto era in parte interessato… Però successe che incontrò un altro ragazzo, già molto bravo con la chitarra. Me lo disse e pensavo che il discorso si sarebbe chiuso lì. Invece mi propose una nuova sfida: imparare a suonare il basso”.

Sfida accettata: Edy imparò a cavarsela col nuovo strumento ed entrò in quella prima band, i Teneegers. Iniziarono a suonare per balli studenteschi, poi per feste di ogni genere.

Nel frattempo l’avvicinamento al mondo del judo, dove dimostrò di possedere la grinta giusta per disputare qualche gara. Pur essendo ancora abbastanza inesperto, infatti, grazie alla pratica costante con quelli che saranno poi suoi amici per la vita, Sandro Kramar e Norbert Ackermann, Edoardo riuscì a superare le prime fasi di qualificazione per i campionati italiani, fino ad arrivare alle fasi interregionali.

“Arrivai alla gara quel giorno un po’ trafelato: avevo suonato la sera prima. Però me la cavai bene e riuscii a vincere tutti gli incontri, anche con avversari più esperti. Mi mancava soltanto la finale per andare giù a Roma”. A quel punto l’inghippo: “Le finali si tenevano nel pomeriggio, a partire dalle 16.00. Ma io avevo un ingaggio con la mia band a quell’ora e non potevo tirarmi indietro o avrei fatto perdere i soldi a tutti! Lo dissi al Maestro, che non poteva credere che io volessi rinunciare alla gara! Tra l’altro, correva voce che il mio avversario fosse stato anche lui in giro a far baldoria la sera prima e quindi, credo, avrei avuto delle buone chances di poterlo battere!”

Un po’ a malincuore Edoardo scelse la musica e gli amici: “A poco più di vent’anni, quello era il mio lavoro, in quel momento, mentre il judo era già una grande passione, ma che non mi avrebbe dato entrate economiche”.

Da quel giorno lontano Edoardo Neppi ha cambiato più volte gruppi, ha suonato con la band internazionale di rhytm and blues Patrick Sanson Set, ha accompagnato, in un paio di occasioni, con il gruppo de I Cardinali, l’artista triestino Lorenzo Pilat, che, a sua volta, ha fatto parte per un periodo del Clan di Adriano Celentano e negli ultimi anni, nelle piazze ha accompagnato l’artista Umberto Lupi. Il judo è rimasto una passione, fortissima, speciale, così come la musica, anche se poi studi e lavoro lo hanno portato a scegliere una carriera ancora diversa, deviando la vita in altre direzioni, ma senza mai rinunciare del tutto al suo amore per arte e sport.

Quanto ha influito il tuo senso del ritmo nella pratica del judo o viceversa, il judo sul tuo modo di suonare?

“Difficile da dire… credo che, alla base, ci sia il tipo di carattere di ognuno: io avevo grinta, sia quando suonavo che quando combattevo e il judo mi ha aiutato anche in alcune situazioni non facili della vita, perché le ho affrontate di petto, senza mai arrendermi, come si trattasse di un combattimento… una cosa che di sicuro accomunava, almeno per me, judo e musica era che mi capitava di entrare in una specie di trance, sia quando combattevo ed ero concentratissimo su quello che stavo facendo, sia quando suonavo, specialmente con il rock&roll, e mi scattava qualcosa dentro, un’energia speciale che dava forza e carattere alla musica!”

L’ultima volta che hai suonato in pubblico? “Lo scorso anno, con I Tululù, un gruppo di ragazzi che propongono musica irlandese: è stato un divertimento! Non so quando avrò occasione di suonare di nuovo, né se, dopo che la Pandemia sarà finalmente conclusa, potrò salire di nuovo sul tatami, anche se lo spero!”

Una speranza che probabilmente sarà certezza, perché le passioni ci mantengono giovani nello spirito.