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Judo

Le emozioni di Emiliana Bizzarini al rientro dalle Paralimpiadi di Tokyo

Pochi giorni fa è calato il sipario sulle paralimpiadi di Tokyo ed Emiliana Bizzarini ha fatto ritorno in Italia. Judoka dello Sport Team Udine, Emiliana era presente alla kermesse paralimpica in qualità di responsabile sanitario della Delegazione Italiana. Specialista in Medicina dello sport e in Medicina Fisica e Riabilitazione, dal 2000 lavora presso l’Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione “Gervasutta” dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, dove attualmente ricopre la carica di Direttore f.f. della S.O.C. MFR-Unità Spinale.

Il suo avvicinamento al mondo Paralimpico risale al 1999, quando svolse una tesi di specializzazione in Medicina dello Sport sul handcycle. Da lì, poi, è stata una strada dedicata a questo mondo: dal 2001 è responsabile dell’Ambulatorio di Medicina dello Sport per la persona disabile indirizzato alla certificazione ed alla valutazione funzionale e nello stesso anno è diventata classificatore funzionale a livello nazionale e nel 2009 a livello internazionale per l’International Wheelchair Basketball Federation. Nello sport paralimpico, infatti, gli atleti competono in diversi classi in funzione della patologia e della potenzialità di movimento e il compito del classificatore è definire la classe degli atleti, in modo che atleti con potenzialità di movimento simile, nel gesto tecnico della disciplina che praticano, possano competere assieme con lo stesso livello di perfomance. Dal 2018, poi è anche responsabile sanitario del Comitato Italiano Paralimpico.

Ed ecco quindi che con un percorso così, l'approdo alle Paralimpiadi è stato un passo naturale.
"Queste Paralimpiadi sono state difficilissime, un’impresa ardua già nelle premesse causa la pandemia ancora in corso, ma sicuramente hanno permesso di sancire la ripresa dello sport paralimpico e stabilito una svolta. - racconta Emiliana - E’ stata un’esperienza impegnativa per la chiusura totale (al Villaggio eravamo in una bolla), per i tamponi quotidiani, per trasporti blindati (gli autobus venivano sigillati con il nastro adesivo ed era permesso raggiungere solo i campi di allenamento o di gara), ma gli atleti hanno aderito al Playboook ed alla regole da veri professionisti. Al Villaggio l’atmosfera era tranquilla, quello che si vedeva nelle strade e nella mensa del Villaggio era un’autonomia che supera la disabilità e soprattutto tanta voglia di confrontarsi con gli atleti più forti al mondo. I medici, i fisioterapisti e gli infermieri con cui ho collaborato hanno svolto con grande professionale un lavoro straordinario indirizzato non solo alla prevenzione ed alla gestione di patologie e infortuni, ma anche alle contromisure per contrastare l’infezione Covid 19, evidenziando organizzazione, armonia, disponibilità. Tante emozioni e tante storie, come quelle delle nostre judoka Carolina e Matilde. Carolina è nata sul tatami, la mamma atleta olimpionica, il papà istruttore di judo. Atleta agonista di talento competeva con risultati importanti nei normodotati. Alla fine dell’età adolescenziale ha cominciato ad accusare una progressiva riduzione della vista, ma ha continuato a combattere, con quel grande agonismo che la contraddistingue, atleta di talento ma sopratutto persona straordinaria per simpatia, carisma, disponibilità. Matilde ha sempre praticato sport, spronata dal padre a partecipare ad ogni competizione sportiva per superare la sua disabilità visiva. Si è avvicinata al judo paralimpico più tardi, accompagnando il figlio più piccolo alle lezioni di judo. Nel corso degli anni ha perso anche l’udito, disabilità che compromette l’equilibrio e la possibilità di orientarsi sul tatami, ma ha continuato a combattere da vera agonista. Ed è propio l’agonismo eccezionale, l’ironia che diventa anche autoironia, l’imbarazzante capacità di trovare sempre in ogni cosa il lato positivo che la contraddistinguono. E’ stata una Paralimpiade eccezionale, non solo per il numero di medaglie, 69 mai tante negli ultimi anni, ma perché ha segnato la ripresa ed una svolta verso uno sport paralimpico di altissimo livello. Emozioni straordinarie e vorrei citare tutti gli atleti che ce le hanno regalate, ma davvero tutti gli atleti che ci hanno fatto emozionare, che ci hanno fatto piangere, cantare il nostro inno a squarciagola e ci hanno regalato un’esperienza grandiosa e indimenticabile."