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Judo

JUDO E VIOLINO: LE DUE ANIME DI EVA MIOLA, TRA AMICIZIA, PASSIONE, TENACIA E DEDIZIONE

Se il randori può sembrare una danza volta a squilibrare l’avversario, Eva ne riesce a percepire la melodia, trasformandola non solo in proiezione, ma anche in musica, attraverso un’altra sua grande passione: il violino.

Lo judo come la musica hanno in comune la disciplina, la dedizione e l’impegno. Sono attività che ti formano, che ti danno un’impostazione diversa nei confronti della vita”. Inizia così la nostra chiacchierata con Eva Miola, giovane cintura nera e promettente violinista udinese.

Come è iniziato il tuo percorso nello judo?

Ho iniziato judo quando ero alle elementari, avevo circa 9 anni. Il Maestro Carlo Palmucci al tempo girava nelle scuole per fare delle lezioni dimostrative per far conoscere questo meraviglioso sport ai bambini delle classi prime fino alle quinte. Inizialmente non ero molto convinta, ma poi crescendo capii l’approccio del Maestro e decisi di intraprendere questo percorso sportivo.

Da ragazzini è molto importante avere dei legami all’interno delle proprie attività, altrimenti ci si tende a perdere; nel mio caso ho avuto la fortuna di avere un’amica con la quale abbiamo continuato a praticare judo assieme fino ai 19 anni, quando poi lei ha dovuto trasferirsi altrove.

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È difficile essere studente e judoka?

Alle superiori, quando il carico di studio si era fatto decisamente più importante, mi sono trovata ad avere qualche difficoltà. Fortunatamente i miei genitori ed anche il Maestro Carlo mi hanno sempre fatto capire che era importante mantenere un contatto con il judo, anche se non avevo molto tempo per fare le mie cose e dormivo 4 o 5 ore a notte perché dovevo studiare. È stata dura, ma con gli anni ho capito il perché e ne è valsa la pena.

Il judo per me è non è solo una disciplina fisica, ma è anche molto mentale: ti porta a scontrarti con degli aspetti scomodi del sé, aiutandoti a risolverli per poi trasformarli in punti di forza. È la strada verso il miglioramento di sé stessi.

E la cintura nera?

Crescendo e subentrando nel gruppo degli adulti il Maestro Carlo ed il Maestro Marino Marcolina iniziavano a fare dei discorsi sulla cintura nera, parlando di maturità e sul fatto di essere dei “veri judoka”. Quando si inizia judo da piccolissimi non si è propriamente consapevoli della disciplina che si sta praticando, ma crescendo e ascoltando gli insegnamenti delle cinture più alte si comprendono molte cose: la serietà e la dedizione che c’è dietro ad ogni gesto e la bellezza insita nella “via della cedevolezza”. Decisi quindi di incominciare a studiare per l’esame di cintura nera ed ebbi anche la fortuna di avere un paio d’anni per prepararmi e comprendere quanto fosse bello fare judo ad un certo livello e praticarlo anche spesso con diversi approcci, dati anche dagli stage organizzati in periodo pre-covid. Queste occasioni trovo che siano molto preziose, perché consentono a tutti di potersi confrontare e di scambiarsi opinioni e consigli dal valore inestimabile, ma anche per la condivisione di una grande passione comune.

Nel 2019 ho conseguito la cintura nera, ed è stato come mettere un punto nel mio percorso per creare un quadro della situazione. Prima del Covid ero già al lavoro con il corso per aspiranti allenatori, in quanto adoro l’aspetto didattico dello judo che dà davvero tantissimo non solo a livello mentale, aiutandoti ad essere coerente e focalizzato, permettendoti di ottenere dei risultati, ma aiuta a coltivare anche il rispetto, fondamentale al giorno d’oggi. Ti da delle nozioni a livello fisico che influiscono sulla persona che tu diventi.

Progetti futuri nello judo?

Anche se è uno sport “uno contro uno”, in realtà non è un’attività che puoi praticare da solo: sono fondamentali il gruppo e le dinamiche di insegnamento ed apprendimento all’interno del Dojo. Basti pensare al clima che c’è in palestra ed a come può influire sulle tue performance o su come vivi l’allenamento. Il fatto di voler imparare ad insegnare trovo che per un judoka sia una cosa molto preziosa perché se sai trasmettere bene un sapere e sai appassionare chi ti segue, instauri non solo una condivisione di valori unica nel suo genere, ma anche una serie di relazioni preziose come le amicizie sul tatami. Per questo motivo, seppur con tutte le difficoltà di questa pandemia, ho voluto concludere il corso per aspirante allenatore, ed ora sono intenzionata a proseguire anche nel percorso della cintura nera verso il secondo dan.

Non solo judoka, ma anche violinista…

La mia educazione musicale è iniziata quando avevo 3 anni, con delle nozioni sul ritmo, sul canto in coro, ecc. A 6 anni mio padre mi iniziò al mandolino (poiché è diplomato in questo strumento), ma solo all’età di 8 anni presi seriamente in mano il violino, il che poteva aprire a delle difficoltà nell’apprenderlo al meglio: solitamente si inizia a suonarlo dai 4 anni in poi. Negli anni ho continuato a studiare violino, con amore e dedizione, grazie ad una mia predisposizione per lo strumento e per la precisione che si faceva via via sempre più accurata. A 12 anni capii che la musica era la mia strada ed a 17 anni sono entrata in conservatorio a Udine, diplomandomi nel 2020. Anche in questo caso sono stata molto fortunata, perché ho trovato un insegnante straordinario!

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Violino e judo, come conciliare queste due passioni?

Il violino è uno strumento molto fisico, dove è necessario studiare molto ed essere sempre seri nell’approcciarlo, rispettando anche il pubblico. Tutto ciò che tu suoni scaturisce prima di tutto dalla tua testa: il mio insegnante mi ha spesso detto che si vede che sono una cintura nera quando salgo sul palco, perché ho un approccio molto focalizzato e combattivo. A volte non è facile andare a suonare davanti ad una platea: magari hai la giornata storta o non ti senti bene, però devi pur sempre andare lì e suonare bene, combattendo talvolta contro te stesso per tirare fuori il meglio.

Questo aspetto, a livello mentale, personalmente assomiglia molto allo judo. Ogni giorno, in ogni momento, ogni volta che studi devi andare avanti e pensare a migliorarti in tutto, non accontentandoti, riconoscendo i tuoi progressi senza buttarti giù: devi accettare di “non essere mai arrivato”. Ci vuole energia, amore e passione, sempre, in ogni cosa.

Una visione futura per il judo?

Personalmente penso che sia lo judo che la musica in generale siano discipline che, in un certo senso, tutti dovrebbero praticare, o comunque che siano rese molto più accessibili a tutti: ti formano come persona e ti insegnano moltissimo su te stesso e sugli altri. Il mio augurio da allenatore è quello di riuscire a trasmettere questi valori. Nel caso dello Judo e della musica, se tutti avessero accesso a queste discipline, la società intera ne gioverebbe a livello di crescita personale.