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Judo

Uno stage, mille storie: la calma apparente di Quedjau Nhabali

Quedjau Nhabali, ex atleta olimpionico nei -90 kg e ora tecnico della Nazionale Ucraina. Padre d'origine africana, mamma ucraina; trentadue anni da compiere e un sorriso malinconico sul volto che si fa largo nell’espressione concentrata mentre segue i suoi atleti sul tatami, in uno stato di calma apparente, mentre dentro chissà quante emozioni e pensieri si mescolano furiosi.

Una fuga rocambolesca dall’Ucraina, la sua, di notte, a bordo di un’automobile, senza essere sicuro di come sarebbe andata, con una mezza idea di raggiungere i ragazzi che erano riusciti a salire su un aereo il giorno prima, direzione Ostia (RM), per un training camp con la nostra nazionale. Un invito ragionato, certo, quello partito dalla nostra Federazione, per far sì che questi atleti potessero continuare il loro percorso agonistico nel migliore dei modi.

E ora a Lignano, in un altro training camp, quello organizzato dalla FIJLKAM, che profuma di normalità e impegno, ma che ha permesso di trovare spazio anche per un momento puramente ludico, in cui Quedjau ha avuto modo di dimostrare tutte le proprie capacità atletiche extra judoistiche, qualificandosi come un inaspettato calciatore, uno di quelli che la palla in porta non la fa passare neanche per scherzo!

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Che cosa vuol dire essere qui allo stage FIJLKAM oggi per voi?

Significa molto: siamo grati alla Federazione italiana che ci ha supportato fin dal primo giorno di guerra. Metà del team era al traininig camp a Ostia e metà era ancora in Ucraina, per cui ci trovavamo in una situazione molto difficile; il nostro Governo aveva preparato una lista per i team che potevano lasciare il Paese, una cosa unica, pensata apposta per gli sportivi di alto livello.

E da lì siete approdati anche voi in Italia?

Il team italiano ci ha invitato a Ostia ed è stata un’esperienza fantastica: siamo molto grati per l’aiuto ricevuto. Dopo il training camp di Ostia anche la Federazione ungherese ci ha aiutati, permettendoci di realizzare dei buoni risultati ai Campionati europei, uno oro e due quinti posti: i nostri atleti non sono ancora molto forti, ma sono entrati nell’elite europea e credo che anche se le nostre famiglie sono ancora per lo più in Ucraina, noi stiamo facendo del nostro meglio per fare il nostro lavoro al massimo, malgrado la difficile situazione.

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Ieri eri tu l’atleta, oggi sei il coach: com’è cambiata la tua prospettiva del tatami?

È difficile ritrovarmi tecnico oggi, specialmente quando ripenso a quella medaglia d’oro che volevo e che non sono riuscito a vincere a Rio nel 2016.

Ti senti un coach ora? O prevale ancora l’anima da atleta?

Nel mio cuore e nella mia mente mi sento ancora un atleta, in fondo, ma, come si dice, nuova vita, nuove sfide. Ora abbiamo degli atleti forti e spero che sapremo cogliere dei buoni risultati: vogliamo di più di quanto abbiamo raggiunto finora! Vogliamo arrivare alle Olimpiadi e speriamo di trovarci pronti quando sarà il momento.