images/friuli_venezia_giulia/medium/0602_MATTEO_BEVILACQUA_SOCCORSO_ALPINO.jpg
Judo

“FENOMENI” – Matteo Bevilacqua, dai tatami di judo al Corpo Nazionale del Soccorso Alpino

Questo anno di pandemia ha portato sotto i riflettori alcune professioni vitali per il nostro Paese che purtroppo per tanto tempo, e in troppe occasioni, quasi dimenticate o sottovalutate. Tra queste sicuramente ce n'è una di cui si sente quotidianamente parlare nei TG o alla radio, la maggior parte delle volte per eventi gravi o tragici, ma che spesso passa in secondo piano rispetto alla notizia stessa: stiamo parlando dell’attività svolta dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, uomini e donne che rischiano la loro vita (e purtroppo qualche volta la perdono) per salvare quella altrui, lavorando in situazioni molto spesso davvero difficoltose e complicate. Solo nel 2020, nonostante la pandemia in atto, sono state compiute ben 10.279 missioni da parte del Soccorso Alpino, di cui 7.658 in terreno impervio.

Oggi, nel 4° appuntamento della nostra rubrica “Fenomeni” conosceremo uno di questi “angeli” come qualcuno li definisce, che da diversi anni lavora in prima linea su questo fronte: stiamo parlando del triestino Matteo Bevilacqua, judoka classe 1985 che fino ad una decina di anni fa calcava i tatami della nostra regione e non solo.

L’amore tra Matteo e questa disciplina nasce quasi subito, quando a 5 anni, per la prima volta, mette i piedi sulla materassina. Di pari passo però condivide il tempo libero con un’altra passione, quella per la montagna….

"Mi ci portavano a camminare, fin da quando ero piccolino, i miei genitori e poi crescendo ho iniziato a praticare anche speleologia ed arrampicata, anche se dovevo sempre rilegarli in seconda fila causa gli allenamenti e gare. L'arrampicata, in particolare, è decisamente incompatibile col tatami, specie per il judo veloce di un 60 kg com’ero io all’epoca: ti tieni su appigli in punta di dita e poi vai in palestra e le prese son a piena mano sul judogi, e soprattutto veloci… diciamo che questo mi creava un po’ di confusione!"

Nonostante questo “piccolo inghippo” Matteo appena può continua a trascorre il suo tempo libero a contatto con la natura facendo quello che più gli piace e dopo due stagioni trascorse come barista in un rifugio in montagna, tra la 4a liceo e il 1° anno di università, in lui cresce pian piano l’idea di far domanda per entrare nel Soccorso Alpino…

“Il mio capo era il vice della stazione di Soccorso Alpino di Cortina e più o meno ogni giorno, tra una birra ed un caffè serviti, veniva l'elicottero ad imbarcarlo per andare a recuperare qualche alpinista incrodato... fascinazione pura ed amore a prima vista per quel moscone meccanico! Complice l'amicizia di vari matti triestini che tra l'Everest, il Kilimangiaro, le distese ghiacciate siberiane o i picchi innevati peruviani militavano anche loro ma nella stazione di Trieste, ho preso coraggio e ho fatto domanda. Sul fronte judo invece, al di là dei miei limiti personali, purtroppo quando le cose diciamo si sono fatte più serie ovvero quando ho iniziato a praticare agonismo con più metodo, ho capito di aver “perso il treno”: non eravamo un gruppo numeroso in quel periodo ma soprattutto per arrivare ad un certo livello dovresti iniziare subito ad impostarti in un certo modo. Posso dire però che nonostante non abbia fatto podio ai nazionali, il primo e secondo Dan me li sono guadagnati in gara, e questo per me, nel mio piccolo ha avuto una grossa valenza.”

dav

Matteo allora decide di dare priorità al lavoro. Parallelamente al suo percorso di studi per la Laurea in Fisioterapia, si prepara per sostenere le prove d’ammissione al Soccorso Alpino: la domanda è stata presentata ed il primo passo è fatto, ma la strada che l’aspetta per coronare il suo piccolo sogno è davvero lunga ed impegnativa….

“Per entrar nel Soccorso Alpino bisogna superare delle selezioni e affrontare un iter formativo per circa un anno. Devi esser in grado di arrampicare, anche sul ghiaccio, e sciare su qualsiasi tipo di neve in pista e fuoripista, il tutto per affiancare e supportare il soccorso sanitario ad arrivare al ferito su qualsiasi tipo di terreno si trovi, che sia giorno o notte, e con qualsiasi meteo. Le tipologie di intervento sono le più disparate, può capitarti di recuperare un disperso, magari bloccato in zone particolarmente impervie, di intervenire in ambienti particolari come le forre, di ricercare e disseppellire un travolto da valanga ma anche il semplice bambino perso in bosco o, purtroppo, il recupero post tentamen.”

Ma una volta entrato finalmente nel Corpo, le “fatiche” per lui non sono terminate, anzi, sono solo all’inizio…

“Ogni 2 anni abbiamo dei mantenimenti o verifiche della continua operatività ma al di là di questo ognuno è chiamato a tenersi in forma, quindi corsa, scialpinismo, arrampicata su ghiaccio, arrampicata, sci di fondo e molto altro sono le attività più gettonate. Oltre a ciò, durante l'anno vengono organizzati delle simulazioni d'intervento per ripassare manovre, nodi ed organizzazione della squadra. Ultimo, ma non per importanza, a livello legale il Soccorso Alpino è d'affiancamento al Soccorso Sanitario Avanzato (vedi alla voce 118) ma, se non si riesce a portare i sanitari sino al ferito dobbiamo essere noi in grado di stabilizzarlo e mantenere i parametri vitali per tutto il trasporto fino all'ambulanza o elicottero. Per cui, abbastanza spesso, grazie alla collaborazione del personale del 118, prendiamo in mano i vari presidi d'immobilizzazione, barelle, spinali, defibrillatore ed tutto l'armamentario necessario per un politrauma, un infartuato, un ipotermico travolto in valanga o un ictus.”

La formazione ricevuta in tutti questi anni e le migliaia di ore di addestramento sul campo lo portano così a prender finalmente parte a decine e decine di interventi, dai più semplici ai più complessi e, in alcuni casi, a quelli purtroppo noti per la loro tragicità…

“In questi anni mi è capitato di dover evacuare pazienti da paesini isolati da valanghe e scosse di terremoto, nel 2017 sono partito alla volta dell'Abruzzo, per disseppellire gli ospiti dell'albergo di Rigopiano, più recentemente quest'inverno ci hanno attivato per calarci sui tetti delle comunità montane per liberarle dai metri di neve. Mi è capitato di collaborare anche con le forze dell'ordine, i vigili del fuoco e l'esercito e, ovviamente, di grande aiuto sia in montagna come pure per interventi di tipo più sanitario (come il recupero di una persona precipitata con la sua vettura in un burrone) è stato l'utilizzo dell'elicottero, civile o militare che sia.”  

0602 MATTEO BEVILACQUA SOCCORSO ALPINO 2

Per il tempo e le energie impiegate, quello svolto dai soccorritori rappresenta un vero e proprio lavoro a tutti gli effetti, anche se a dir il vero nella stragrande maggioranza dei casi per molti di loro non è la professione principale. E così è per Matteo, che durante la vita di tutti i giorni è papà di un bellissimo bambino e fisioterapista: incastrare tutti gli impegni già normalmente non è cosa semplice, figuriamoci poi quando bisogna fare i conti con la reperibilità…

“Una mia giornata tipo? Beh, se devo essere sincero la parte difficile del militare nel Soccorso Alpino è il dover far convivere una reperibilità H24 con la vita normale. Quando hai i turni di reperibilità infatti puoi continuare a svolgere il tuo lavoro e le tue attività, badando però di esser in grado di poter partire sempre e in ogni momento, portando appresso lo zaino ed un cambio di vestiti in auto. Ovunque tu vada devi esser attaccato all'auto (quindi niente corsette, mare, cinema o altro) e devi controllare sempre che il cellulare abbia campo. Ti può capitare che ti chiamino mentre lavori, di notte mentre dormi, mentre stai per metterti a cena o sei appena tornato da un altro intervento… Terminato quello che devi fare poi ovviamente ritorni alla tua vita normale. Non è un lavoro, non stiamo in caserma pronti a partire come pompieri o il 118 e questo comporta un ulteriore stress logistico. Per fare un esempio: mi è capitato ad esempio di partire senza cena, star fuori tutta la notte, tornare a casa giusto per una doccia ed uscire per la mia consueta giornata lavorativa (e io lavoro 10/12 h al giorno!!!)”

Ma lo sport si sa, è maestro nell'insegnare l’atteggiamento giusto da tenere difronte alle sfide, agli avversari, agli ostacoli che ci si presentano davanti…

"Io dico sempre che il judo e la pratica agonistica, anche quando l’abbiamo dovuto abbandonare a fronte di impegni lavorativi o familiari, ci ha dato, ci dà e ci darà sempre una marcia in più nell'affrontare con grinta, metodicità ed organizzazione tutte le prove che ci presenterà la vita. Così è anche nel mio lavoro.

Se poi devo andare più nel concreto potrei raccontare un episodio divertente successomi tanti anni fa, prima ancora di far domanda per entrare nel Soccorso Alpino. Avevo appena iniziato a far sci alpinismo (anzi, avevo fatto solo un'uscita), sono andato a fare una gita con una coppia di soccorritori: "...ragazzi, guardate solo che per me è la seconda volta!..." ... "...sì, sì, tranquillo!..." Morale della fiaba: loro avevano capito che fosse la seconda uscita di stagione anzichè la seconda in assoluto della mia vita! Mi han portato su per un canale stretto, piccozza e ramponi, su, su, su, sempre più erto...e poi niente, bisognava scendere coi sci a piedi ovviamente! Mi hanno dato per morto più e più volte: facevo due curve e giù esplodevo dentro la neve, tra cadute atroci...e santo Judo!!! Per noi è naturale cadere, per cui come nulla fosse, saltavo fuori dalla mia fossa, mi scuotevo la neve anche dalle mutande e via verso un nuovo rotolamento!"

… verso un nuovo rotolamento, verso nuovi obiettivi, senza dimenticare però da dove si è partiti… e chissà che poi un giorno le strade non ritornino ad incrociarsi di nuovo!

Come si è potuto forse capire non sto mai fermo, eredità degli anni passati sempre sul tatami immagino: corro, arrampico, pratico apnea. Judo? Beh, ho dovuto mollarlo quando ho cominciato a lavorare non avendo possibilità di praticare più agonismo, e per me in quel momento non era neanche immaginabile far l'amatore. Negli anni tuttavia la crisi d'astinenza si è fatta sentire a più riprese, e quindi ogni tanto passo sul tatami per sentirmi di nuovo "a piedi nudi". Ora tra lavoro, famiglia e Soccorso il tempo è sempre avaro ma, sapete cosa vi dico? Mi sa tanto che sto solo aspettando che il mio bimbo cresca ancora un attimo per accompagnarlo in palestra e con la scusa riprendere anch'io con più costanza, il judogi e la cintura son là appese in armadio che aspettano!"