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Judo

Sonkei: il resoconto della seconda giornata da Sarajevo

Dopo la prima giornata, oggi a Sarajevo ha avuto luogo il secondo giorno dell'incontro relativo al progetto Erasmus+ Sonkei. 
Anche oggi ci facciamo raccontare attraverso le parole di Sandro Scano e Milena Lovato com'è andata.

"Oggi è stata la giornata del 1.st Multiplier Sport Event, un seminario aperto anche a tecnici e manager locali, provenienti da diverse discipline sportive. Cinque relatori hanno puntato il riflettore su diversi aspetti della violenza nello sport.

Raša Sraka Vuković
Rasa, ex campionessa di judo slovena, con la determinazione che la contraddistingueva sul tatami ci ha raccontato gli episodi di violenza che ha visto in prima persona nel nostro ambiente. Oggi è rappresentante dei diritti degli atleti sloveni nel loro comitato olimpico e membro della commissione tecnici nella federazione judo slovena. Nello svolgimento di questi ruoli porta con sé le esperienze soprattutto positive nel suo trascorso di atleta di alto livello. Crede fortemente si possa essere atleta e coach performanti, dando spazio al rinforzo positivo, all’autonomia dell’atleta e alla vita dopo l’agonismo. Il coach deve essere realistico come rispettoso dell’atleta, che soprattutto in età giovanile ha totale fiducia nell’insegnante. Coach, atleti e genitori vanno tutti educati e spinti al cambiamento, un modo nuovo di insegnare dove non trovano spazio umiliazione, violenza fisica o “vittoria a tutti i costi”. Raša, che oggi è mamma di due bimbi, vuole essere un modello positivo per i suoi figli “…perché i bambini vedono la differenza!”.

Nijaz Memić
Nijaz, tecnico di sci e giornalista sportivo, ha una protesi alla gamba causata da una mina durante la guerra che ha vessato queste terre trenta anni fa. Immediatamente dopo l’incidente riprese a fare sport fino a diventare il primo bosniaco atleta a partecipare alle paralimpiadi invernali. Oltre ad essere un pioniere del paralimpismo, Nijaz ha fondato l’unico club di sci in Bosnia Erzegovina per atleti disabili. Oggi ci ha parlato di violenza nello sport portando l’attenzione sul bisogno di sensazionalismo che hanno i media. Gli episodi di violenza nello sport diventano purtroppo notizie molto più vendibili rispetto alla quotidianità e alle buone pratiche. In Bosnia Erzegovina, in particolare, c’è bisogno di dare spazio e voce alla disabilità nello sport perché praticarlo è un diritto di tutti.

Jovana Hadžić
Jovana, psicologa sportive ed ex agonista della ginnastica, ha posto l’attenzione sulle emozioni che conducono alla violenza. La vittoria a tutti i costi per esempio, genera frustrazione e la frustrazione genera violenza. L’agonista dovrebbe porre maggiormente l’attenzione al miglioramento individuale e alla performance invece che soltanto alla vittoria. La mentalità sta cambiando, ma lentamente, all’allenamento del corpo andrebbe affiancato anche quello della mente. Ha invitato tutti, e non solo gli sportivi, a focalizzarsi solo sulle cose che sono sotto il nostro controllo invece che su quelle che non dipendono da noi.

Rita Silva
Rita insegna ginnastica presso il prestigioso club Ginásio Clube Português e segue progetti votati all’inclusione. Il team portoghese ci ha coinvolti in un sondaggio online attraverso il quale abbiamo discusso su cosa è o non è accettabile in ambito sportivo. In particolare di violenza sugli spalti e di quella espressa dai coach. Abbiamo analizzato episodi tristemente famosi del passato, video educativi e cattivi comportamenti. Non sempre è possibile decidere con sicurezza quale è il confine tra la violenza e la motivazione agonistica che tutti i protagonisti dello sport esprimono: genitori, supporters, coach, atleta….

Luka Vuković
Luka, judoka e insegnante di educazione fisica, lavora da tempo in un istituto scolastico per bambini e adolescenti che hanno commesso atti violenti. Ci ha parlato del bullismo, che in realtà troviamo ovunque, e che nella sua realtà lavorativa trova l’espressione estrema. Per superare lo stress generato da questo ambiente, ha dovuto lavorare su sè stesso e considerare sempre l’ambiente da cui provengono i suoi ragazzi, le loro emozioni espresse e quelle soppresse. Interessante per noi judoka la sua convinzione che la continua spinta a migliorarsi come educatore, derivi dal passato judoistico. Siamo noi educatori adulti a dover trovare il modo affinchè una seduta di allenamento con ragazzi difficili come un allenamento di judo nel club funzionino."