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Judo

Donata Burgatta: ripartire dalla condivisione

Quali sono i presupposti per la ripartenza dopo il lungo periodo di arresto forzato e di re inizio a scatti alternati? Lo abbiamo chiesto a uno dei docenti presenti allo Skorpion Stage di Piancavallo lo scorso fine settimana, Donata Burgatta, ex atleta di alto livello e ora insegnante tecnico con una passione mai celata per il rugby, disciplina in qualche misura affine al judo.

Qual è il clima che si respira a questo stage?

Il clima, è una battuta, ma è così, è positivo! Ma positivo nella più bella delle accezioni, nel senso che c’era proprio la necessità e il bisogno di rivedersi veramente dal vivo, riabbracciarsi… attraverso il judo abbiamo tantissime situazioni di contatto che vanno oltre l’affettività e quindi era proprio sentita psicologicamente ed emotivamente questa necessità di rivedersi e in una location come questa, con aria pulita e con le cose più semplici che abbiamo avuto modo di riapprezzare, visto quanto ci è stato tolto in questi due anni di chiusura. Poi la luce, il clima sereno e gioviale, di grande supporto e condivisione, tutto molto motivante.

Quale risposta hai avuto da chi c’era sul tatami?

Sicuramente ci siamo accorti che questi due anni hanno influito su tutti, specialmente sui più piccoli, però loro sono quelli che, come assorbono e imparano prima, sono anche i primi a ricaricarsi subito. Quindi per noi è più facile avere i bambini che sono sempre così entusiasti di fare attività fisica e motoria insieme e devo dire che anche le proposte didattiche hanno avuto una buona risposta. Pensavamo ci sarebbero stati più limiti e più difficoltà motorie, invece non hanno dimenticato. Certo, si vede che sono stati un po’ più dormienti e un po’ più bloccati, ma devo dire che anche la qualità del lavoro fatto in palestra si vede e la padronanza del corpo c’è.

Da dove bisogna ripartire adesso per recuperare il tempo perduto?

Credo che i tecnici adesso devono assolutamente condividere le difficoltà per la ripartenza; non abbandonarsi in un momento in cui la maggior parte di noi ha proprio le palestre svuotate e ridimensionate, soprattutto nella fascia adolescenti. E quindi creare più situazioni in cui, nel momento in cui le normative ce lo permettono, poter fare allenamenti insieme con l’idea anche solo di ritrovarsi e tornare a stimolare anche loro, dicendo guardate che altrove ce ne sono di bambini come voi che fanno judo! Il judo semplicemente, tra tante realtà sportive, ha subito un po’ troppo il limite causato dal Covid. La condivisione dei più grandi fa sì che i più piccoli possano avere i frutti e quindi la speranza di poter veramente ricreare il clima sereno che c’è sempre stato.

Hai un consiglio che ti sentiresti di dare ai tecnici per ripartire, ma anche semplicemente per continuare il lavoro in palestra?

Sì, anche ieri abbiamo fatto un incontro nell’ambito dello stage per avere i pareri da tecnici di qualunque livello e qualunque esperienza, dal club di periferia all’alto livello, come quello della nazionale cadetti alla nostra esperienza di ex atleti di un buon livello. L’idea è di non preoccuparsi adesso, ma di avere l’umiltà di chiedere una mano, un aiuto e magari mettersi a propria volta a disposizione, ciascuno con le proprie competenze e abilità: io sono bravo anche solo a montare il tatami e posso aiutarti a costruire uno spazio in più dove poter fare una lezione in più oppure a fare il riscaldamento, la didattica sulle cadute, cioè condividere non soltanto la lamentela e la sofferenza, ma proprio la messa in pratica della ripresa.

Con altri tecnici si è parlato in questi giorni dell’opportunità di portare il judo nelle scuole o comunque di allargare il livello di cultura del judo nei confronti di chi non lo conosce.

Io ho fatto un’esperienza trasversale del judo, anche prima del Covid, portando il judo in molte altre discipline sportive, quindi probabilmente anche le Federazioni si stanno muovendo in questo senso. La FILKAM stessa ha creato recentemente il progetto “A scuola di ukemi”, coinvolgendo anche la lotta e il karate, muovendosi a livello importante. L’entrata nella scuola della Federazione è un biglietto da visita che dà delle credenziali importanti. Essere supportati da queste forme più istituzionali e cercare di aumentare il numero di bambini che si possono coinvolgere diventa così determinante. Anche lo scambio di un club, che magari ora fa fatica, con altri sport, con l’idea di fare un mese di judo, un mese di rugby, non so di sport molto simili e affini, può essere un modo valido di portare praticanti e tesserati in Federazione e, allo stesso tempo, di portarli a fare una scelta consapevole, perché non dobbiamo aver paura che scelgano un altro sport rispetto al judo, che facciano atletica, nuoto o altro! Se noi siamo così carichi da essere coinvolgenti, sceglieranno lo sport dove si sentono più accolti.

Che cosa ti porti dietro da quest’edizione dello Skorpion Stage e che cosa vorresti portare in un’edizione futura?

Mi porto dietro sempre il grande bagaglio che riusciamo a ritagliarci qui: sempre un’area più piccola come dimensioni quella dedicata ai bambini, ma in realtà c’è uno spessore di tecnici e di voglia di innovare e rinnovarsi dal punto di vista della didattica, partendo dai fondamentali, quindi dalla base, con esercizi molto ludici e coinvolgenti. Inoltre c’è una grande disponibilità dei tecnici presenti che aiutano, sono sempre sul tatami e sempre disponibili; infine, a contare è l’eccellenza italiana che, se per i bambini avevamo la fortuna di avere un Maestro giapponese, devo dire che la presenza di Elio Verde e Fabio Barni hanno portato una sensibilità tecnica di un livello spaziale, facendo vivere agli agonisti un’esperienza più unica che rara!
Si diceva che in Friuli questo stage vale come corso di aggiornamento per i tecnici: si potrebbe pensare di allargare anche ad altre regioni questa opportunità, proprio perché, come dicevo prima l’istituzione della Federazione, se aiuta a creare questo meccanismo virtuoso, non può che eccellere.
Sul che cosa riportare in futuro, direi che vorrei riportare una formazione che io, anche attraverso la conoscenza di altri sport, tra cui il rugby, che affronta situazioni molto simili come le cadute e il contatto, già conosco di forme di apprendimento ludiche, gioviali e divertenti, ma anche competitive, perché comunque il confrontarsi è educativo e mai sbagliato. A maggior ragione nel momento in cui la competizione diventa un ulteriore stimolo per fare al meglio le cose, perché è un desiderio umano. Da parte mia cercherò di continuare a formarmi anche per questo.