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Judo

Catherine Beauchemin-Pinard, judoka con un appetitoso sogno nel cassetto

Quanto conosciamo i campioni che tanto ammiriamo vedendoli alle gare? Quanto sappiamo dei loro sogni, delle loro aspirazioni, delle loro passioni che esulano, in parte, dal judo e dallo sport? Viene da chiederselo a uno stage importante come quello organizzato dalla FIJLKAM a Lignano: tra backnumber prestigiosi, nomi altisonanti e giovani promesse. Un parterre di campioni, ciascuno con la sua storia, la sua visione della vita e la sua prospettiva, che, in molti casi, guarda ben oltre le Olimpiadi.

È questo il caso della judoka canadese Catherine Beauchemin-Pinard, detta affettuosamente CatBP, come ha rivelato di recente in un’intervista IJF: un abbreviativo del suo nome, decisamente lungo. Ventott’anni da compiere esattamente tra un mese, sorriso aperto e contagioso quanto la sua risata, numero 6 nel ranking mondiale nei 63 kg, categoria nella quale si è conquistata la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo nel 2020.

CatBP ha iniziato a praticare judo quando aveva 9 anni: è stato il suo primo sport, prima non aveva provato niente, mentre suo fratello e sua sorella erano già impegnati in campo sportivo in altri contesti, differenti dal judo. È stato il caso a farle scegliere proprio la disciplina giapponese: a scuola aveva avuto modo di leggere un libro su Nicolas Gill, judoka canadese che ha preso parte a ben quattro Olimpiadi consecutive e ha conquistato un bronzo a Barcellona nel 1992 e un argento a Sydney nel 2000. Leggendo la sua storia le è scattato qualcosa dentro, una sorta di scintilla, che poi si è rivelata una bella intuizione, visti i risultati!

Una passione per kata guruma e sankaku (il lavoro a terra è la parte più efficace del mio judo sottolinea), CatBP ammette che uno dei suoi modelli mentre era ancora una giovane atleta in formazione era senz’altro Antoine Valois-Fortier, judoka canadese bronzo a Londra nel 2012, divenuto poi un compagno di squadra e anch’egli presente, ora in qualità di coach, allo stage FIJLKAM di Lignano.  Un rapporto di stima e collaborazione, dove quello con un altro compagno di squadra, coetaneo di CatBP, Antoine Bouchard, è più di amicizia e complicità.

Catherine, il tuo bel percorso judoistico è sotto gli occhi di tutti, quindi parliamo di qualcosa che rimane più nascosto: i tuoi tatuaggi! Quanti ne hai e che cosa significano?

Al momento ne ho tre, no, aspetta, quatto: due sulle braccia – quello a destra è dedicato al mio nipotino, quello a sinistra semplicemente mi piaceva il disegno, ma non significa niente di particolare -, uno sulla gamba destra, per ricordare la magnifica esperienza alle Olimpiadi e uno… verso la parte bassa della schiena!

Una vera passione! Hai intenzione di farne altri?

Certo! Forse quello della schiena lo toglierò, l’ho fatto che ero molto più giovane e non sono sicura mi piaccia più averlo, mentre conto di farmene un altro, probabilmente a coprire tutta la schiena e voglio che abbia molti elementi, ma devo ancora decidere esattamente che disegno voglio venga fuori.

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Parliamo di cibo: nell’intervista rilasciata di recente all’IJF hai detto di avere una grande passione per la cucina giapponese e che il tuo talento nascosto è cucinare.

Esatto! Cucinare giapponese richiede molta tecnica, mentre io mi concentro su altri tipi di cucina, più semplici.

Quindi si tratta di una sorta di libro di ricette casalinghe tramandate dalla tua famiglia o c’è di più dietro?

In realtà è un lavoro di altro tipo: quand’ero giovane e ho iniziato il mio percorso agonistico a livelli più alti, ho vissuto, come a molti atleti capita, dei problemi con il calo peso e ho avuto dei disturbi alimentari. Credo che di questo tipo di problemi non se ne parli mai abbastanza. Eppure sono questioni che coinvolgono moltissime persone, soprattutto i giovanissimi che non hanno ancora le armi per difendersi e basta poco, a volte, perché finiscano in un vortice dal quale è difficile uscire, ma anche i tecnici, che non sempre hanno gli strumenti per arginare il problema e rischiano di allargarlo. Per questo il mio libro parlerà di corretta alimentazione, di come evitare di fare errori che possono influire pesantemente sulla salute, ma anche sul percorso agonistico in generale. Il mio obiettivo è dare un piccolo contributo per evitare che altri debbano passare quello che ho passato io.

Un lavoro ambizioso e importantissimo: coinvolgerai anche dei nutrizionisti e degli esperti dell’alimentazione?

Questa è l’idea, perché ci sono problematiche che non possono essere risolte senza l’aiuto di veri esperti.

Oltre alla scrittura hai altri progetti per la tua vita? Pensi già a un possibile futuro nell’insegnamento?

In realtà ancora no: voglio continuare la mia carriera di atleta fino a che sento di avere ancora la possibilità di competere ad alto livello. Non so se nel futuro vorrò cimentarmi con l’insegnamento, ma se fosse, credo che sarebbe soltanto per il mio club, per sostenere chi mi ha dato tanto nella vita e provare a fare lo stesso con i bambini che vogliano intraprendere la stessa strada.

Che cosa ti ha insegnato il judo che vorresti trasmettere agli altri?

Il senso del rispetto: per l’avversario, per i compagni di allenamento, per ogni persona che incontro. Credo il rispetto sia uno dei valori fondamentali per chi pratica judo.