Ai Giochi Olimpici di Parigi della scorsa estate, Alice Bellandi è diventata campionessa olimpica, un risultato straordinario, un’impresa statisticamente impossibile. Meno di un anno dopo ha raddoppiato la posta in gioco ed è diventata l’unica campionessa olimpica del 2024 a conquistare anche un titolo mondiale nel 2025. A Budapest, durante i campionati del mondo di quest'anno, uno dopo l'altro, tutti i campioni olimpici hanno perso, la maggior parte uscendo nei primi turni, alcuni arrivando fino al blocco finali. Bellandi, pur consapevole di questa tendenza, è rimasta ferma, concentrata sulla sua preparazione, sulle parole del suo allenatore e sul suo obiettivo. Questo si è tradotto in un esito magnifico per l’azzurra, impressionante oltre ogni aspettativa.
Le Fiamme Gialle sono un gruppo professionistico appartenente ai gruppi militari italiani. E Alice ne fa orgogliosamente parte.
"Non abbiamo molta gente con cui allenarci, ma il supporto è davvero ottimo. Non potrò mai ringraziare il gruppo per investire in tutto il mio percorso che comporta un sacco di trasferte. Non abbiamo gli stessi numeri che ci sono in Francia o in Giappone, quindi la programmazione costa. Dobbiamo muoverci spesso e le Fiamme Gialle fanno tutto per noi. Susy Scutto, il mio allenatore Antonio Ciano e io siamo sempre insieme. Quando sono arrivata in questa squadra, a dire il vero, Antonio era ancora un atleta. Facevamo e facciamo tutto "in casa". Il nostro preparatore atletico è qui con noi, così come la psicologa. Niente è facile, ma sentiamo di avere una vera possibilità di crescita qui. La responsabilità appartiene al coach così come all'atleta. In linea di massima, è consueto che tutti salgano sul carro del vincitore, ma poi se si perde, allora la colpa è del singolo. In questo caso, però, ognuno si prende la giusta dose di responsabilità sia quando va bene che quando va male."
"Quello che ho imparato di più in questo processo, e grazie anche all'aiuto della mental coach è di fidarmi dei miei sentimenti". Questa è stata un'importante presa di coscienza per Alice. Quello che forse i più non considerano è che i Campionati del Mondo sono stati la sua prima gara dopo i Giochi Olimpici. Ciano, all'inizio, voleva che gareggiasse prima di arrivare a Budapest, ma ha imparato a fidarsi anche dell'istinto di Alice.
"A volte - ha detto Alice - ho avuto dei dubbi in merito alla competizione, ma ho deciso di fare questo mondiale così, a modo mio, avendo fede in come mi sentivo. Ho chiesto a tutte le persone a me vicine di non pressarmi e che sarei tornata una volta pronta. Ho guardato gli Europei e avrei voluto essere là, quello è stato il momento in cui ho sentito che era ora di tornare."
"Antonio aveva pianificato due o tre gare prima dei Campionati del Mondo, ma io non ho voluto farle. È stata una scelta davvero rischiosa. Sapevo che poteva essere giusta, ma anche un grandissimo errore. Mi sono fidata dei miei sentimenti e me la sono goduta. Budapest non è stata solo un’esperienza legata alla medaglia; ho voluto capire anche se mi divertivo, quali erano le mie sensazioni sul tatami. Dopo le Olimpiadi, tutto sembrava diverso. Non brutto, solo... diverso.
Antonio è l'allenatore giusto per me. L'inizio del nostro rapporto è legato ad un’esperienza conflittuale, dato che molti anni fa abbiamo avuto una discussione e non ci siamo più parlati per diverso tempo. Prima dei Giochi di Tokyo però, mentre stavo calando il peso per una gara, è venuto da me. Mi chiese come stavo e ho sentito di dovermi scusare per quella disputa. Dopo Tokyo abbiamo cominciato a legare davvero, dal niente. È speciale perché abbiamo dovuto costruire tutto partendo dall'intenzione di essere migliori, di lasciarci alle spalle le nostre difficoltà. Alla fine, l'ho seguito, ho lavorato e ho provato a stare un po' più zitta."
"Ad ogni gara ed allenamento dopo Tokyo, provavamo a capirci a vicenda. Ho bisogno di qualcuno che davvero mi ascolti e mi conosca, che possa gestire le mie emozioni. A volte devo fare cose che non voglio, ma avevo anche bisogno di qualcuno disposto a scendere a compromessi per me e con me, quando era giusto farlo. Lui sa che quando ho paura, quando mi sottovaluto, posso combattere e trarre forza dal sapere che sono davvero pronta, ben preparata. All’inizio cercava di dirmi che la parola ‘paura’ non esiste per noi, ma ora possiamo usare questa parola per aiutarci. Si fida del nostro lavoro e noi ci fidiamo l’uno dell’altro. La sua fiducia in me è stata incredibile”.
Sapendo che gli altri campioni olimpici erano stati eliminati uno dopo l'altro nei giorni precedenti, ma con la forza della fiducia nel suo club, nel suo allenatore e nella sua preparazione, la vittoria a Budapest è stata un momento di grande conferma.
"Il mattino successivo, beh, ho sentito una strana sensazione. Sono andata lì cercando di non pensare che erano i mondiali, ma solo il mio rientro alle gare, per vedere come stavo e quali fossero le mie sensazioni, quanto pronta fossi. Sto ancora cercando di capire cosa ho bisogno di migliorare, quandi mi prenderò il tempo per analizzare questo campionato, il suo risultato e come ci siamo sentiti qui. Penso che Antonio ha gestito la finale alla perfezione. Non ho seguito una strategia pianificata. Quello che facevo di testa mia durante il combattimento contro Olek non era la cosa giusta, così lui ha saputo darmi ciò di cui avevo bisogno per volgere la finale a mio favore."
Un sasae-tsuri-komi-ashi, in un golden score già inoltrato, le ha dato la medaglia d'oro. "Quella tecnica non era pianificata, ma è arrivata. Nella mia testa sapevo che la finale non era difficile; che sarebbe dovuta essere lineare. Ma mi sentivo così strana nel mio corpo durante il combattimento che ho dovuto avere davvero fede in quello che poteva essere fatto e non in cosa avevo pensato di fare. L'ultimo attacco pulito è un attacco di fede. Ho imparato dai Giochi Olimpici che c'è una grossa parte delle cose che noi possiamo controllare, ma altre no e dobbiamo aver fede in noi e nel nostro lavoro."
Con tanta umiltà ed emozione, Alice Bellandi ha fatto quasi l'impossibile, diventando uno dei nomi più importanti nell'era moderna del judo, con un titolo olimpico e un titolo mondiale, uno dopo l'altro, che evidenziano la sua grandezza. Il suo messaggio è chiaro e positivo, lavora e credi in te stesso. Un principio applicabile a tutta la vita, anche al di là dello sport.
ARTICOLO ORIGINALE DI JO CROWLEY SU IJF.ORG