Dicembre è già arrivato e si sta galoppando velocemente verso il 2021, un anno che si spera sia di rinascita e riconquista, dove più di tutto l’obiettivo pare essere recuperare spazi e contatti perduti. Non parliamo solamente dell’aspetto agonistico/sportivo, ma, più in generale, dei rapporti personali e del contatto fisico, dalle prese sul judogi alle chiacchiere a bordo tatami, sugli spalti, tra tecnici, atleti, addetti ai lavori e semplici simpatizzanti.
Le chiacchiere per ora si fanno virtualmente, attraverso la tecnologia o semplicemente al telefono ed è in occasione degli auguri per un anniversario di matrimonio, quello dei coniugi Miniggio, che è emersa una storia di judo lunga quasi 45 anni e che oggi, in occasione del compleanno di Patrizia Miniggio, vi proponiamo, porgendole i nostri affettuosi auguri.
Patrizia, quando vi siete conosciuti tu e Lorenzo?
Lorenzo ed io ci siamo conosciuti nel 1976, ad uno stage estivo a Tarvisio, dove io abitavo, organizzato dall'insegnante di Lorenzo, che era di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, dove Lorenzo viveva.
Da quel momento incominciò una fitta corrispondenza ed alla fine del 1977 Lorenzo venne definitivamente in Carnia. Nel 1978 nacque il Judo Club Tolmezzo e il 5 novembre del 1983 ci sposammo. L’ anno dopo nacque Anna.
Quindi è stato il judo a farvi incontrare! Il club è ancora una parte molto importante delle vostre vite?
Il Judo Club Tolmezzo nelle nostre vite è stato ed è tuttora una parte molto importante. Negli anni, oltre alla quotidiana attività sul tatami, abbiamo organizzato nella nostra palestra tantissime cene, feste in maschera, capodanni… ogni occasione era un buon motivo per fare festa: compleanni, passaggi di cintura, bei voti agli esami universitari...
Una grande famiglia. Che cosa è cambiato in questi anni?
La mentalità delle persone: stare insieme e mettersi a disposizione è più difficile, soprattutto per i più giovani, che hanno una vita molto più strutturata e intensa di una volta. E poi i ritmi: i ragazzi sono impegnatissimi! Facciamo ancora le feste, oltre a tutta l’attività di palestra, ma è molto più difficile coinvolgere le persone ad aiutare.
Prima parlavi di feste, Patrizia. Ne ricordate una in particolare?
Non una, me ne ricordo tante… tra le più belle c’erano quelle di Capodanno: ne ricordo una col Maestro Violino davvero speciale… sembra una vita fa! Poi c’erano quelle dopo gli esami per i passaggi di dan: si finiva sempre a mangiare e tra gli amici che di solito c’erano mi ricordo Carletto Budai, poi Fasan, i fratelli Bros…
C’è un aneddoto in particolare che vi viene in mente, tra i tanti che possono aver caratterizzato una vita insieme, a casa e sul tatami?
Be’, in quasi 45 anni di cose ne sono successe… Una carina è stata quando, a inizio anni ’90, era il ’91 per la precisione, Laura Di Toma, che in quel periodo stava contribuendo ad allenare Emanuela Pierantozzi per le Olimpiadi di Bercellona del 1992, ci chiese di poter venire ad allenarsi da noi. La singolarità della richiesta stava nel fatto che nessuno doveva saperlo! Per ovvi motivi, cercavano un posto tranquillo, dove poter lavorare concentrate. Vennero a fare diversi allenamenti quell’inverno. È un bel ricordo!
Ricordo poi il primo stage internazionale che organizzammo nel 1985: era la prima volta che tre enti sportivi differenti (la nostra Federazione, F.I.L.P.J. all’epoca la Libertas e il CSI) collaboravano per un evento di tale portata. Parteciparono la nazionale italiana, quella francese Juniores, il Maestro Parisi, il Maestro Spenner, ex atleta olimpionico, che guidava la nazionale non vedenti. Usammo il palazzetto dello sport di Tolmezzo: tutta la città contribuì! Mettemmo a posto i prefabbricati – meno di 10 anni prima c’era stato il terremoto! -, gli alpini ci prestarono delle brande… fu una festa più che uno stage!
E il vostro Trofeo quando nacque?
Era la fine degli anni ’70: il calendario non era nemmeno paragonabile a quello che conosciamo oggi! Il trofeo si inseriva in un circuito quadrangolare che contata quattro tappe all’anno: c’erano il nostro, quello di Villanova in primavera, Tarcento in autunno e il Città di Trieste verso la fine dell’anno.
Negli anni in cui Pino Maddaloni conquistò la medaglia olimpica (Sydney 2000), prese parte anche al nostro trofeo! Anche i fratelli Bruyere passarono per i tatami tolmezzini… diciamo che già allora si distinguevano come fuoriclasse!
La nascita di Anna ha cambiato qualcosa nella gestione del Club?
Diciamo che siamo riusciti a fare tutto come sempre. Ricordo la prima gara cui abbiamo partecipato a Villacco: Anna aveva circa tre mesi, ma io ho accompagnato Lorenzo e la squadra come sempre. Come faceva freddo!!! Ma io non mi sono mai tirata indietro, non ho mai perso un impegno!
Patrizia, vista la passione che ci metti ancora adesso, hai mai davvero praticato judo sul tatami?
Ride.
Certo, ho praticato per alcuni anni, fino a diventare cintura marrone. Quando Lorenzo aveva aperto il dojo ho iniziato a frequentare le lezioni. Dopo alcuni anni, eravamo ancora fidanzati, ho sostenuto l’esame di cintura marrone. A farmi da uke c’era Walter Stoppolo, la prima cintura nera di Lorenzo.
Lorenzo iniziò a chiedermi i nomi delle tecniche in giapponese e, per incoraggiarmi, me ne elencò un paio. Io bisbigliai a Walter: “Ma se li inventa i nomi?!”
Non l’avessi mai fatto! Lorenzo mi ha sentito e si è arrabbiato moltissimo per la mia mancanza di preparazione e mi ha gridato “Te la do io la cintura marrone!!!”. Poi ho rifatto l’esame diverso tempo dopo, studiando sul serio stavolta!
In un ambiente così intimamente legato al judo era difficile che Anna scegliesse un’altra strada…
Di certo è cresciuta in una famiglia che dava molta importanza a questa disciplina… poi lei ha deciso di laurearsi in Scienze Motorie e farne un vero lavoro.
Un lavoro ancora più difficile e in bilico di questi tempi.
Il Covid ha dato una mazzata a tutti, sotto molti punti di vista. Lei lavora con le scuole e non è facile già in tempi normali, figuriamoci adesso… però non molla e non smette mai di aggiornarsi. Tre quarti del tempo lo passa a scuola o con lezioni on line… ora poi deve anche concludere il percorso per il 2° livello IJF… del resto non si può smettere di migliorarsi se si vuol portare avanti un impegno come quello che un Club richiede. Bisogna aggiornarsi, capire come interagire con i giovani… e anche come crescere le nuove leve, per creare un senso di responsabilità. Solo così potremo ripartire in futuro.