“Sai come si dice in Friuli? Prima del terremoto e dopo il terremoto! E ora si parla così anche per il Coronavirus: prima del Coronavirus e dopo”.
A parlare è Laura Di Toma, raggiunta telefonicamente in occasione di un anniversario che è marchiato a fuoco nel cuore dei friulani: il terremoto del ’76, che mieté 989 morti e un migliaio di feriti.
Laura, che parallelismi trovi tra l’arresto di quei giorni lontani e quello di oggigiorno, dovuto al Covid-19?
Sono due eventi terribili e devastanti, con tanti punti in comune: la paura, il senso di incertezza, il bisogno di cercarsi e di sentirsi più vicini, ma anche il desiderio di ripartire e di ricostruire tutto perché funzioni anche meglio di prima! Quando c’è stato il terremoto a maggio mi è caduta la casa a Osoppo; poi ho fatto sei mesi di tenda e poi otto anni in prefabbricato.
A ottobre ogni tanto riuscivo ad andare ad allenarmi a Udine… a dicembre arrivò la convocazione per gli Europei di Vienna, dove ho combattuto sia nella mia categoria, facendo bronzo, sia negli Open, al posto di Margherita De Cal che si era fratturata un polso… e vincendo! Erano altri tempi, erano altre situazioni… lo spirito di rinascita, la voglia di vincere erano forti: io avevo perso tutto, TUTTO! Ma avevo ancora la mia famiglia e per me era, ovviamente, la cosa più importante.
Ci siamo messi subito a ricostruire, abbiamo voluto ripartire. Si lavorava tanto e per tutto il giorno. Ricordo che aiutavo nelle cucine militari, poi, verso sera, prendevo a andavo a correre, con mio papà che mi veniva dietro col suo camioncino, dandomi forza e coraggio. Poi prendevo una vecchia camera d’aria e mi mettevo nel bosco a fare uchikomi. Nel frattempo gli Alpini erano venuti a darci una mano a rimettere su le case e a ricominciare… poi, a settembre, altra scossa a distruggere anche quel poco che c’era ancora da salvare!
Oggi ci sono tante persone che stanno facendo davvero fatica, anche se hanno la stessa voglia di ricominciare che avevamo noi nel ’76. Questo periodo durissimo dovrebbe insegnarci molto e darci il tempo per riflettere. Dovremmo capire che è indispensabile maggior rispetto, è necessario riscoprire la natura, non correre troppo, ma trovare il tempo per gli affetti, per curare e ritrovare le amicizie, per costruire una rete comune.
Che immagine ti affiora per prima alla memoria quando pensi al ’76?
Innanzitutto quella di mio padre, che è stato un punto fermo, standomi vicino nei momenti più brutti, spronandomi e incitandomi a dare il massimo. Poi non posso non ricordare il Maestro Takata… e Stefano Stefanel, che, all’epoca mio fidanzato, venne a prendermi alla stazione di Udine: io studiavo a Bologna, ero venuta subito su in treno, non sapevo che cosa aspettarmi esattamente. Lui mi tranquillizzò sul fatto che non fosse morto nessuno dei miei cari e mi portò a Osoppo dalla mia famiglia.
Un’immagine invece per descrivere il momento attuale?
Ne ho due che mi vengono subito in mente: la prima è la nostra Federazione che mi ha permesso di continuare a lavorare in un momento di incertezze e instabilità e che, quindi, mi sento di ringraziare. La seconda è la mia società sportiva, che è la mia seconda famiglia, la mia vita! Devo ringraziare tutti, dai Consiglieri agli Insegnanti Tecnici, agli atleti, alle loro famiglie. Nei momenti difficili emerge l’unione e la forza del gruppo. Vorrei ringraziare queste persone ad uno ad uno, perché hanno dato tutto ciò che potevano, lavorando da casa con i bambini e con gli agonisti per dare continuità e mantenere lo spirito del gruppo, rendendosi utili in ogni modo e supportandoci gli uni con gli altri.
Un pensiero al futuro, tra l’eventualità di Olimpiadi rimandate, incertezze sulle riaperture delle palestre e la ripartenza in generale.
Come è stato per il terremoto, che ha distrutto tutto, ma non ci ha impedito di rimboccarci le maniche e di ricostruire, così mi auguro che, anche se le cose inevitabilmente cambieranno, lo facciano per il meglio, evidenziando nuove prospettive. Speriamo innanzitutto rinasca il Paese e, con esso, il Mondo sportivo. Non bisogna mai disperare: anche se in modo diverso, tutto si può ricostruire, ma la forza deve venire da tutti noi. Gli atleti che si erano preparati per le Olimpiadi e che avvertono la prospettiva di poterle vedere sbiadire devono cercare di mantenere alta la motivazione, anche se è difficile. Ci sono tante incognite al momento: non sappiamo se saremo fuori da questa terribile situazione nei tempi utili, non sappiamo se lo saranno gli altri Stati e ovviamente sarà necessario che si sia tutti allineati e che lo sport venga gestito in sicurezza. Cautela, ma anche atteggiamento positivo: abbiamo bisogno di chiarezza, ma ripartiremo, seguendo le regole e magari costruendo un panorama sportivo anche migliore del precedente.