"Non dire niente a nessuno e, quando sarà il momento, non essere triste: ho avuto una bella vita, sai?". Questo diceva Antonio Jesurum una delle ultime volte che ci siamo sentiti al telefono, con la sua solita flemma e riservatezza di uomo di scienza, un medico di esperienza, dall'intelligenza fresca e la saggezza di chi ha qualche anno messo da parte. Classe 1944, Antonio, Toni per gli amici, era un judoka generoso, che con i suoi circa 120 kg di peso accumulati con l’età, riusciva ad essere un uke leggero e agile, in grado di adattarsi perfettamente al tori che si trovava davanti. Aveva intrapreso la pratica del judo alla fine degli anni ‘50, nel periodo in cui la disciplina era ancora agli esordi nella nostra città. A raccontarlo è lo stesso Antonio nel libro di Claudio Novajolli “Il judo a Trieste – Storie dell’altro secolo”: “Ricordo che a 14 anni volli iniziare la “lotta giapponese”. Mi iscrissi alla palestra di Dino Sartori in via Gambini 51.[…] Lì, incontrai, animati dalla mia stessa intenzione, il dr Sergio Scrobogna, i fratelli Renzo e Claudio Zuliani, Nevio Valle, Elio Culot e Fulvio Depolo. In pratica, eravamo costretti all’autodidattica, dato che il Sartori stava sempre seduto dietro la scrivania a curare le sue carte: in un mese di nostra frequentazione della palestra, salì sulla materassina una sola volta per mostrare una quantità di tecniche di difesa personale […]. Sicché, dopo il primo mese, avendo sentito che la SGT stava aprendo una sezione di judo, lasciai la palestra di via Gambini e, previa difficoltosa iscrizione alla SGT, iniziai i corsi tenuti dall’allora cintura marrone Riccardo Stradi […]. Alla prima lezione, senza che ci fossimo accordati prima, incontrai tutti i succitati compagni già iscritti da Sartori: ognuno all’insaputa dell’altro, aveva deciso di passare alla SGT”.
Tempo dopo, nel 1961 raccontava Toni, ad affacciarsi alla porta fu Palmiro Gaio, già cintura nera 2° dan delle Fiamme Oro Nettuno, chiamato dallo stesso Stradi ad insegnare al suo posto; un incontro che Toni dipingeva come se nella città giuliana fosse sbarcato un alieno (non si vedevano con frequenza cinture nere all’epoca)! L’amicizia con Palmiro Gaio crebbe nel tempo, fino a quando, nel 1975, il Maestro Gaio decide di fondare una propria società, il Judo Club Ken Otani, di cui Antonio Iesurum risulta uno dei Soci costitutivi.
Antonio aveva praticato agonismo, con alterni risultati, per, in seguito, seguire le competizioni degli amici di sempre, Riccardo Stradi, Franco Dubbini, Norbert Ackermann, Sandro Kramar. Poi la laurea in medicina, l'arrivo del grande amore, il trasferimento a Bologna e la carriera da medico legale, uno dei più richiesti e conosciuti del settore.
Non ha mai estirpato dal suo cuore l'amore profondo per la città d'origine, dove tornava appena gli impegni glielo consentivano e dove trovava sempre il tempo per gli amici: incontri graditi e piacevoli, perché Antonio era una persona dalla voce morbida e dai pensieri fluidi, caratteristiche che rendevano le chiacchierate con lui piacevoli e istruttive, in virtù della sua buona cultura e dell’abilità di conversatore, sempre pacato, ironico, interessante. Girando per lavoro aveva avuto modo di frequentare il dojo del Maestro e amico Cesare Barioli, stimolando anche gli amici di Trieste a frequentare gli stage che il Maestro milanese teneva annualmente in Toscana. Con Toni si presentavano così all’appello il grande amico Adriano Tullio, i fratelli Fabio e Diego Zuliani, Stefano Semec, Matteo e Nevio Valle, Luisa Tonetto e, non di rado, lo stesso Maestro Gaio, soltanto per citarne alcuni.Ricordo ancora, nel corso dello studio delle tecniche in allenamento, come insistesse sull’importanza di usare il “ki”, l’energia vitale: è convinzione di chi scrive che Antonio lo intendesse tanto sul tatami, quanto nella vita.
La camera ardente sarà allestita a Bologna venerdì 9 ottobre dalle ore 11.00 alle 12.00. Successivamente alla cremazione i Suoi resti verranno tumulati a Trieste.