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Parole O_Stili 2019: un progetto di comunicazione per combattere un nemico comune. E vincere tutti.

"Virtuale è reale": è stato questo il fil rouge che ha collegato gli argomenti trattati al convegno "Parole O_Stili", evento di comunicazione volto a sensibilizzare circa l'uso del linguaggio dentro e fuori dal web, in contesti sfaccettati. La kermesse, giunta alla sua terza edizione si è svolta questo fine settimana a Trieste nella splendida cornice della Stazione Marittima, è iniziata venerdì sera presso l'hotel Excelsior, con dieci tavoli di lavoro sui quali si sono confrontati 8/10 esperti ciascuno per elaborare gli indirizzi futuri nelle rispettive tematiche poi riprese nei seminari di 50 minuti svoltisi su molteplici temi sabato 1° giugno.
In moltissimi tra comunicatori, insegnanti, educatori, imprenditori o semplici appassionati hanno aderito a questo progetto, nato proprio a Trieste nel 2016 da un'idea di Rosy Russo, consulente di comunicazione e formatrice. Il concetto di fondo è che l'interazione tra persone ai giorni nostri si sta trasformando, in vari ambiti, sempre più in uno scontro senza regole, assumendo on line le forme più becere, per la mancanza di consapevolezza che le nostre parole, anche se scritte da dietro uno schermo, hanno un peso e delle conseguenze nella vita reale, oltre che un impatto emotivo su chi le legge ed un'eco smisurata quando vengono esposte al potenziale giudizio di frotte di utenti nella rete. 
L'edizione di quest'anno, sostenuta dalla senatrice a vita Liliana Segre ("Quello che accade in rete è vita vera!"), è stata caratterizzata dalla stesura del manifesto della scienza (che diventerà il documento di riferimento di Trieste città europea della scienza 2020), redatto dalla pubblicitaria Annamaria Testa e firmato già da un centinaio di professionisti del settore.
Come sempre, l'evento proposto da Parole O_Stili ha dato modo di affrontare temi eterogenei con molte sfumature diverse: scienza, sport, politica, management di impresa, bullismo, reveng porn, conseguenze legali delle parole e degli atteggiame ti tenuti on e off line. 
Interessante il dibattito nel corso dell'apertura dell'evento, sul senso di vivere la propria vita attraverso lo schermo di un computer, piuttosto che interagendo di persona e in profondità con gli altri ("se togli un telefonino ad un adolescente, va' in crisi di astinenza" - Paolo Crepet, psicologo). C'è chi ha affrontato il tema da un punto di vista ironico, attraverso le fake news, come l'inventore di bufale Ermes Maiolica ("Un mondo senza bufale e complotti, è un mondo senza fantasia!"; "oggi ognuno di noi si può costruire la propria verità soggettiva e diffonderla, surclassando quella oggettiva").
Andrea Piccinini, delegato provinciale per Pordenone, ha seguito di più il percorso dedicato agli argomenti della comunicazione sportiva, perchè il tifo per una squadra o un'atleta non devono trascendere e farci diventare delle bestie prive di raziocinio. 
Particolarmente toccante il panel sul cyberbullismo, in cui si è discusso della quasi sconosciuta legge 71/2017, che offre nuovi strumenti ai minori in primis per reagire ad atti di sopraffazione, per evitare di venir spinti a gesti estremi, come è capitato a Carolina Picchio, 14 anni, morta suicida dopo aver subito cyberbullismo ("le parole fanno più male delle botte!"), che tale legge l'ha ispirata con la propria morte prematura ed insensata. 
"Molto spesso il gesto violento è il sostituto di una parola che manca"; ha spiegato Sara Dall'Armellino, formatrice in progetti volti a contrastare il cyberbullismo. I giovani hanno bisogno di essere ascoltati e guidati ad un uso corretto della rete, che non è innato per niente. La novità della legge proposta, ha spiegato l'avvocato Paolo Russo, Presidente di Contra Ius (Associazione di avvocati per la difesa di soggeti fragili) è che non lesgifera su reati di cyberbullismo, ma punta tutto sulla prevenzione e il supporto alle vittime. Si compone di soli 7 articoli, nell'intento di essere il più possibile accessibile a tutti e permette ai maggiori di 14 anni di scrivere in autonomia un'email al titolare del sito per rimuovere il materiale indesiderato e non autorizzato per la pubblicazione che lo riguardi. Se dopo 48 ore non è cambiato ancora nulla, il giovane si può rivolgere direttamente al Garante della Privacy con la medesima richiesta. 
"Ciò che serve ancora realizzare è un protocollo di intervento, che tenga conto di quattro dimensioni: educativa (per vittime e carnefici), psicologica, legale e comunicativa" ha sostenuto Stefania Crema, avvocato esperto in criminologia e mediatrice familiare. 
I primi a dover essere consapevoli della situazione in cui viviamo, in rete e fuori da essa e di come gestirla dovrebbero essere insomma gli adulti, educatori, allenatori, insegnanti, genitori, cittadini comuni, deputati non soltanto al controllo punitivo, ma, soprattutto, all'ascolto, alla prevenzione, al non lasciar soli i giovani e gli indifesi. Perchè il virtuale irrompe quotidianemente nel reale e, a volte, può stravolgerlo per sempre in ogni aspetto della nostra vita.