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Judo

STORIE DI JUDOKA: Può un prete praticare il judo? Ce lo racconta Matteo Baraldi , don Matteo

“Molti si stupiscono del fatto che un prete possa praticare il judo, immaginando che si tratti di uno sport violento, aggressivo. In realtà credo che il judo serva proprio a incanalare in maniera positiva, quella naturale energia che          ciascuno ha in sé. Non è forse questo il principio del “Seiryoku Zen’yo”? Se non avessi incontrato questa disciplina forse avrei smesso di fare attività fisica e non sarei modestamente “in forma” come lo sono ora, a 45 anni. Al di là delle battute, credo proprio di aver trovato nel judo non solo uno sport, ma una disciplina e una filosofia di vita nel quale mi ritrovo profondamente. Mi piace sapere di potermi ritagliare tra i numerosi impegni della parrocchia un’ora nella quale potermi “sfogare” in maniera positiva per poi tornare ad essere il prete che cerca di dedicarsi a tutti i suoi parrocchiani, piccoli e grandi. Come insegnante tecnico è bello poter mettere a disposizione la propria esperienza per i più giovani e i principianti. E mi dà soddisfazione che i ragazzi che anche in palestra mi chiamano “don” possano vedermi con simpatia come un amico e un fratello maggiore. Del judo mi piace il fatto che ti permetta sempre di progredire, di studiare, di migliorarti. Penso, ad esempio, alla pratica dei kata, non solo finalizzata al superamento degli esami, ma anche come modalità di approfondimento dei principi che stanno alla base di tutto il judo. È anche questo un bel modo di mettersi alla prova, perché richiede concentrazione, precisione, costanza nell’esercizio. Insomma, anche se la filosofia orientale da cui proviene il judo e la religione cristiana sembrano apparentemente così lontane, in verità per me non lo sono affatto!”

Ma partiamo dall’inizio e cioè da quando, all’età di 11 anni, Matteo Baraldi, che frequenta la prima media, inizia a praticare la nostra disciplina, in precedenza aveva provato la ginnastica, il nuoto e il basket ma è solo nel judo che trova quel qualcosa in più, che lo fa “subito sentire a suo agio". Era il 1989 e, essendo originario di Cinisello Balsamo, un Comune con una consolidata tradizione legata a questo sport, si reca nella palestra più vicina a casa sua, uno dei due storici club di Cinisello, il Judo Ken Otani, quello fondato dal maestro Giorgio Ciampi (venuto recentemente a mancare) e dove, in quel periodo, insegnava il maestro Orazio Castellan. Prosegue, quindi, con la pratica, raggiungendo il grado di cintura verde, per poi interrompere, come spesso accade, quando, con il passaggio dalle scuole medie agli studi liceali, il carico dell’impegno perlo studio diventa di più difficile gestione. Gli anni del Liceo Classico sono, infatti, particolarmente impegnativi e causano una prima interruzione, ma la forte passione lo riporta qualche anno dopo a riprendere la pratica del judo questa volta sotto la guida del maestro Giorgio Ciampi ma ancora una volta glistudi, questa volta seminariali, lo costringono a interrompere la pratica per circa una decina di anni. Ripensando questo primo periodo di pratica del judo, in quel di Cinisello, Matteo, lo rivede come un’occasione essenzialmente per fare sport: “Non sono maistato particolarmente atletico ma il judo mi ha permesso di tenermi in allenamento facendo qualcosa che mi piaceva. Non ho mai praticato dal punto di vista agonistico, anche perché nei fine settimana ero sempre impegnato come animatore e catechista in oratorio. Colsenno di poi mispiace di non aver almeno provato a mettermi alla prova con qualche gara.”

La nuova “stagione” del judo arriva per Matteo, solo nel 2007, quando, dopo i 6 anni di seminario, diventato prete e mandato a Melegnano (2003) per occuparsi dell’oratorio. Lì conosce un giovane judoka, Alessandro Kayser, che lo invita nel suo dojo, che porta lo stesso nome del suo club d’esordio, quello del grande maestro giapponese Ken Otani ed è qui, che nel 2010, grazie al maestro Stefano Surdo e ai compagni e amici di Melegnano, consegue la cintura nera e successivamente diventa aspirante allenatore, introducendo i corsi di judo anche nel camp estivo della sua parrocchia.

Ma le fasi del suo percorso da judoka, non si esauriscono a Melegnano, ma nel 2013, è un trasferimento a Milano, a fargli fare nuove esperienze. Nel capoluogo lombardo, infatti, inizia a frequentare l’Eisho Club, grazie alla famaPhoto Stefano Guindani 03 1 del maestro Felice Cattaneo che lì teneva i corsi per gli adulti. Con l’aiuto del maestro Alessio Peratti, direttore tecnico della palestra, continua il suo cammino di studio del judo, non solo conseguendo secondo e poi il terzo dan, ma inizia, anche, ad allenarsi con gli agonisti: “a volte mi piace cimentarmi con un allenamento più intenso e mettermi alla prova facendo randori con ragazzi che seguono con passione quella strada che, alla loro età, io non avevo intrapreso. Non posso non provare ammirazione verso questi giovani agonisti, per il sacrificio e la costanza del loro allenamento anche se non sempre raggiungono i risultati sperati.” Contemporaneamente, don Matteo, continua a sperimentare il “Jita-Kyoei”, quell’essere “insieme per progredire” e, afferma: “lo dico innanzitutto in un duplice senso, perché ovunque sono stato a praticare judo, ho trovato un clima di amicizia e di famiglia che altrove è difficile trovare, dove ci si aiuta davvero a vicenda per crescere insieme”. Questo racconto termina riportando l’attuale impegno di don Matteo, che è parroco della Parrocchia di Gesù Buon Pastore e San Matteo di via Sebastiano Caboto a Milano, dove, all’interno della struttura, è ospitata una palestra, il Judo club Fujiyama Milano dei fratelli Vincenzo e Raffaele Pece.

***Don Matteo segnala che alcune delle foto che ci ha permesso di pubblicare appartengono a un progetto molto interessante in cui è stato coinvolto, del fotografo Stefano Guindani, che ha realizzato una mostra dal titolo Mens sana in corpore sano, nella quale ha voluto immortalare preti, suore e religiosi di tutta Italia che praticano vari sport. La cosa particolare è stata la richiesta di posare non con la divisa sportiva, ma con l’abito talare, proprio per esaltare l’aspetto religioso. Invitiamo tutti coloro che hanno altre storie interessanti da segnalare a scriverci Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.