images/lombardia/Lotta/medium/Putin_and_Abdulrashid_Sadulaev_2021.jpg
Lotta

La lotta, la politica, la storia

Le cronache di questi ultimi periodi raccontano della recrudescenza della guerra in Ucraina, dell'oscura morte del principale oppositore al regime di Putin, Aleksej Navalnyi, e dei rapporti diplomatici fra i paesi occindentali e Russia, mai così tesi come in questo momento. Esaminando invece le cronache prettamente sportive; sappiamo che di recente si sono svolti a Bucarest i Campionati Europei di lotta olimpica, dove, pur risultando iscritti, si sono registrate le mancate partecipazioni al torneo continentale di almeno sei campioni russi della lotta stile libero e greco-romana. Nella fattispecie: a fenomeni quali Sadulaev, Evloev, Uguev, Naifonof, Bayev e Shiraev, è stato negato il visto d'ingresso in Romania. Questo perchè i loro profili non corrispondevano ai dettami diramati dal Cio qualche mese fa, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il testo del supremo organo olimpico, recita che la possibilità di partecipazione di atleti russi e bielorussi alle competizioni internazionali, sia pure rappresentando la bandiera della neutralità, dovrà essere subordinata da un comportamento assolutamente scevro da qualsiasi manifestazione di consenso al regime putiniano. I lottatori sopracitati, tutti appartenenti a gruppi sportivi militari, sono stati invece ritenuti responsabili di aver appoggiato apertamente la politica di Putin in questi ultimi due anni. La conseguenza per loro, è stata quella di dover mestamente fare fagotto e ritornarsene a casa, senza neppure poter vedere il palazzo dello sport di Bucarest dove si sono tenuti i campionati. In aggiunta, Campionati Europei e Mondiali, riservati agli Under 17 e Under 20 hanno cambiato sede e data. Gli Europei Under 17 si terranno sul finire di giugno nella città serba di Novi Sad, che la settimana seguente ospiterà la gara continentale degli Under 20. Tali eventi erano stati assegnati primariamente a Finlandia e Polonia: paesi che rifiutano il visto d’ingresso nel paese ad atleti russi e bielorussi. Inoltre, la capitale della Giordania, Amman, s’è vista assegnare in seconda scelta un campionato mondiale, come già accaduto in extremis l’anno passato. Nel 2023 i giordani ricevettero l’onere e l’onore di organizzare i Mondiali Under 20, in un primo tempo assegnati alla Polonia, e adesso hanno ottenuto il torneo mondiale riservato agli Under 17, primariamente previsto in Argentina. Ancora una volta, lo sport della lotta si intreccia inesorabilmente con i fatti della storia e della politica. Una buona parte di appassionati dello sport più antico e tradizionale, che si tramanda da 7000 anni, ovvero da quando i Sumeri nel periodo in cui venne scritta l'epopea di Gilgamesh per la prima volta ne codificarono le regole su tavolette d'argilla, s’è inorridita per l'esclusione dei campioni russi dai Campionati Europei 2024. Forse questi romantici, spinti probabilmente dall’esaltazione per quello che rappresenta la lotta olimpica ed idealizzando molto poeticamente il mondo dello sport, non sono a conoscenza di quante altre volte gli atleti di questa disciplina si siano dovuti piegare agli interessi della politica.

Nel 1920 le Olimpiadi vennero assegnate al città di Anversa, volendo premiare una nazione come il Belgio che così tanto s'era distinto nella battaglia contro gli Imperi Centrali durante la Prima Guerra Mondiale. Ad Anversa non poterono essere presenti gli atleti di Austria, Ungheria, Bulgaria, Turchia e Germania, che pagarono con l'esclusione dall'olimpiade il fatto di essere nati in una delle nazioni uscite perdenti dagli esiti del primo conflitto mondiale. I tedeschi vennero esclusi anche dalle Olimpiadi di Parigi del 1924. Campioni di lotta greco-romana come il magiaro Odon Radvany ed i teutonici Victor Fischer, Fritz Braun e Robert Rupp, che nel primo lustro degli anni '20 primeggiavano nelle classifiche europee, seguirono i fatti delle olimpiadi in Belgio ed in Francia solamente attraverso le cronache riportate dai giornali. Oltre ai lottatori delle nazioni sconfitte nella Grande Guerra del 1914/1918, non presenti alle olimpiadi del primo periodo post bellico, vanno aggiunti anche tutti gli atleti dell'Unione Sovietica. I sovietici parteciperanno all'evento olimpico soltanto dall'edizione di Helsinky del 1952. Il regime dell'Urss identificava i Giochi come il frutto della borghesia e del capitalismo occidentale, tanto che dal 1928 in poi, vennero organizzate delle vere e proprie olimpiadi del blocco comunista chiamate Spartachiadi. Le olimpiadi del 1928 e 1932 in Olanda e Stati Uniti d'America si svolsero senza particolari sussulti politici, tolte alcune manifestazioni di atleti italiani apertamente schierati a favore del regime fascista. Alcuni schermidori medagliati, il tiratore ravennate Renzo Morigi, oro nella pistola libera a Los Angeles, ed il lottatore genovese Marcello Nizzola, argento in California nella greco-romana al limite dei 56 chilogrammi di peso, si resero protagonisti, anche sul campo di gara, di gesti ed azioni esaltanti il fascismo. Gli schermidori ed il tiratore morirono nei loro letti molti anni dopo, mentre Nizzola pagò duramente la sua fede fascista, venendo assassinato nella sua città due anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale in circostanze alquanto fosche. Le Olimpiadi di Berlino 1936 videro distinguersi le figure dei lottatori Kristjan Palusalu e Verner Seelembinder. L'estone Palusalu fu il primo, e finora unico atleta, capace di vincere l'oro nella lotta stile libero ed in greco-romana nella stessa edizione olimpica. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, il poliedrico campione estone si oppose al regime stalinista che aveva inglobato la sua nazione  entrando nelle milizie partigiane finlandesi in guerra contro l'Urss. Fatto prigioniero dai russi, riuscì a liberarsi e a ritornare nel suo paese d'origine che nel frattempo era stato invaso dai nazisti. Concluse la guerra entrando di nuovo nel conflitto come collaboratore fra le file dei tedeschi, sempre e comunque contro gli odiati russi. Il tedesco Seelembinder, quarto classificato a Berlino nella categoria al limite degli 87 chilogrammi della greco-romana, al tempo dell'olimpiade del 1936 militava fra le file partigiane contro il regime hitleriano. Sfruttava il fatto di essere un atleta di livello internazionale per recapitare messaggi segreti nei paesi esteri nemici alla Germania, nei quali si recava per partecipare alla gare rappresentando il proprio paese. Scoperto il tradimento, Hitler lo fece internare in un campo di concentramento. Finì i suoi giorni nel 1944 venendo giustiziato. Alle Olimpiadi di Londra del 1948, venne impedita la partecipazione alla Germania ed al Giappone che avevano causato e poi perso la Seconda Guerra Mondiale. Il giapponese Shohachi Ishii, a quel tempo miglior interprete della libera lotta stile ibero nei 57 chilogrammi di peso, dovette attendere fino all'edizione delle olimpiadi finniche del 1952 per affermare la propria superiorità su tutti gli altri. Un po' la stessa sorte del nipponico, toccò all'estone Johannes Koktas. Il peso massimo del paese baltico, si laureò Campione Olimpico all'età di 37 anni compiuti. Koktas cominciò la propria carriera internazionale nel 1938 vincendo i Campionati Europei, poi scoppiò la guerra, e di conseguenza le Olimpiadi programmate nel 1940 e 1944 vennero cancellate. Nel 1948, quando finalmente potevano aprirsi per lui le porte dell'evento sportivo a cinque cerchi, vide l'Estonia inglobata nell'Urss: nazione non partecipante ai Giochi di Londra. La storia di Koktas dimostra certamente che non c'è nulla di più forte della ferrea  volontà nel volere ottenere qualche cosa. Nel 1956 le olimpiadi si svolsero a Melbourne in Australia, ed anche in quella occasione sorsero problematiche legate alla politica mondiale di quel periodo. L'Ungheria era stata invasa dai soldati dell'Unione Sovietica, Israele aveva valicato i confini con l'Egitto bombardando il Sinai, e Taiwan aveva proclamato l'indipendenza dalla Cina Popolare. Valenti lottatori d'Olanda, Spagna, Svizzera, Egitto, Libano, Iraq e Cina, dovendo seguire le direttive dei loro paesi che appoggiando questa o quell’altra causa politica, si astennero dal partecipare all'olimpiade australiana, dovettero dire addio al massimo evento sportivo del 1956. Fra le cosa accadute a Melbourne, divenne famoso il match combattuto e vinto per 2 a 1 dal magiaro Imre Polyak sul sovietico Roman Dzeneladze nella semifinale della categoria al limite dei 57 chilogrammi di greco-romana. Nella stessa olimpiade si manifestò il superlativo lottatore iraniano Gholamreza Takhti, vincitore fra i medio massimi dello stile libero. Anche lui, oppositore al regime dello Scià di Persia, Reza Palewi, dovette in seguito pagare lo scotto di essersi schierato politicamente. Finì i suoi giorni in circostanze misteriose nel 1968, quando ancora calcava i tappeti di lotta da grande campione. Alle Olimpiadi di Roma, Tokyo e Città del Messico, non si manifestarono grandi problemi, mentre l'edizione in Germania Ovest del 1972 fu colpita da una strage in cui morirono cinque lottatori di Israele che il giorno appresso avrebbero dovuto gareggiare nel padiglione dello sport di Monaco. Yossef Gutfreund, Moshe Weinberg, Mark Slavin, Eliezer Halfin e Gad Tsabari: sono questi i nomi dei lottatori ebrei, vittime della furia terroristica dei palestinesi di Settembre Nero. Eppure, nonostante tutto ciò, i Giochi ripresero dopo un solo giorno di stop. Nel 1976 diversi atleti dell'Africa non poterono esprimersi alle Olimpiadi di Montreal, per via del boicottaggio attuato dai loro paesi in seguito della presenza in Canada della Nuova Zelanda. Il comitato olimpico del paese agli antipodi meridionali del mondo, venne accusato di avere lasciato partecipare la propria nazionale di rugby ad una partita contro la squadra del Sud Africa. La popolazione bianca del paese all'estremo sud del continente africano, praticava l'apartheid contro gli autoctoni, e per questa ragione, dal 1964 gli sportivi del Sud Africa vennero esclusi dal partecipare a qualsiasi manifestazione sportiva di carattere olimpico. Il primo boicottaggio in grande stile porta la firma delle Olimpiadi di Mosca del 1980. Ne sa qualche cosa il nostro Michele Azzola, all'epoca lottatore dello stile libero di valore internazionale, e tesserato nel Gruppo Sportivo dei Vigili del Fuoco. Il lottatore friulano dovette inchinarsi alla scelta politica dell’Italia che decise di partecipare all’Olimpiade di Mosca, ma sfilando senza il tricolore, con la bandiera del Coni, e iscrivendo atleti non facenti parte di gruppi sportivi militari. Causa di tutto fu l’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici. Il boicottaggio venne applicato in maniera totale dai comitati olimpici di Stati Uniti d’America, Germania Ovest, Kenya, Giappone, Canada, Taiwan, Nuova Zelanda e Norvegia, altri, come l’Italia e la Gran Bretagna, aderirono alla protesta in maniera più morbida. Ovviamente, il torneo di lotta si privò di campioni del calibro dei giapponesi Takada e Tomiyama, all’epoca Campioni Mondiali nello stile libero. I due nipponici riuscirono a realizzare il sogno olimpico gareggiando a Los Angeles quattro anni dopo, e portando a casa un oro ed un bronzo. Destino diverso ebbe il fortissimo americano Leroy Kemp. Protagonista nella categoria al limite dei 74 chilogrammi stile libero, tanto da conquistare il massimo alloro nei Campionati del Mondo per ben tre volte, non gareggiò mai alle olimpiadi. Kemp guardò i Giochi del 1980 in televisione per colpa del boicottaggio degli Usa, poi alla vigilia delle olimpiadi californiane perse ai trials il confronto diretto di qualificazione. Nel 1984 era lecito aspettarsi un contro boicottaggio ritorsivo da parte dei paesi dell’est Europa contro l’olimpiade americana….che puntualmente avvenne. Urss, Germania Est, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria, Cuba, Korea del Nord, Etiopia e Afghanistan, non portarono i loro atleti a Los Angeles. Il torneo di lotta di quella edizione olimpica fu probabilmente il più scarso a livello qualitativo dal dopoguerra. Fra sovietici, bulgari e nord koreani, ben sedici Campioni Mondiali in carica dei due stili di lotta, non parteciparono alle gare in California. Fuoriclasse come i fratelli Beloglazov, Jordanov, Tsenov, Mamiashvili, Kanigin, dovettero arrendersi alla certezza che quell’olimpiade per loro era chiusa. Nel 1988 a Seul, i koreani del nord non aderirono ai Giochi, e Cuba, per solidarietà con il paese asiatico, non fece partire i propri atleti per la Korea del Sud. Anche in quella occasione il torneo di lotta dell’olimpiade si dovette privare di importanti protagonisti. Il nord koreano Li Jae Sik, non potette difendere il titolo di Campione del Mondo nei 48 chilogrammi dello stile libero, che aveva conquistato l’anno prima a Clermont-Ferrand. Ironia della sorte, in Francia aveva vinto nella finale proprio contro il sud coreano Lee Sans Ho. Lo specialista cubano della greco-romana, Pedro Roque, primo campione caraibico della lotta, restò a casa seguendo gli ordini di Fidel.

Dall’Olimpiade di Seul in poi, fortunatamente i problemi causati dalla politica allo sport, si sono fatti più rari. In qualche caso la lotta olimpica è servita a far risolvere alcuni contrasti a paesi in conflitto tra loro, come nel caso dei tornei di Coppa del Mondo organizzati in Iran o negli Usa, fra atleti persiani e statunitensi. Nel 2013, in occasione della “crisi olimpica” della lotta, la stazione ferroviaria di Grand Central a New York ha ospitato un torneo a squadre fra campioni dell’Iran opposti a quelli degli Stati Uniti. Nel 2020 altri problemi si sono presentati all’uscio: prima l’uccisione per impiccagione del lottatore iraniano Navid Afkari che si era opposto al regime del suo paese, poi la mancata partecipazione a Tokyo di due forti lottatrici del Nord Korea. Già qualificate per l’olimpiade nipponica, le atlete di Pyongyang non si sono mai presentate sul tappeto di gara, causa la defezione del loro paese dagli ultimi giochi.

Attualmente la situazione si presenta alquanto complicata, e non ci sono grandi previsioni di una soluzione positiva. Staremo a vedere se per l’ennesima volta il meraviglioso sport della lotta servirà a creare degli spiragli positivi per soluzioni favorevoli a tutta l’umanità.

Maurizio Casarola