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Judo

Giorgia Stangherlin: rincorsa all'Olimpiade solo rimandata!

Per i judoka di alto livello si è conclusa con i Mondiali di Budapest del 6-13 giugno la rincorsa alle Olimpiadi di Tokyo. Tra gli alfieri azzurri che in questo "quadriennio prolungato" hanno lottato per la qualificazione olimpica c'era anche la veneta Giorgia Stangherlin. L'atleta di Castello di Godego (TV), da dicembre 2017 in forze al Centro Sportivo Carabinieri, è entrata in corsa un po' tardi rispetto all'inizio del quadriennio e, nonostante ce l'abbia messa tutta, non è riuscita a staccare il biglietto per Tokyo. Di certo un peccato, ma se se è vero che per l'atleta conta il risultato, per l'essere umano conta il percorso. E Giorgia ne ha - letteralmente - fatta di strada! 

 

Quando hai capito che il judo sarebbe stata la la tua vita e qual era il tuo sogno da bambina?

In realtà fin da bambina amavo combattere. Ero la bambina che andava in palestra per fare judo, non volevo mai giocare. Mi ricordo che facevo il mio turno e mi fermavo anche a fare il turno dei più grandi; mia mamma mi aspettava per ore, perché non volevo mai scendere dal tatami. Il mio sogno da piccola era l'Olimpiade. Mi ricordo che avevo guardato Londra 2012 e già dalla cerimonia d'apertura avevo i brividi.

 

La tua corsa olimpica è cominciata un po' tardi. Ci racconti com'è andata?

All'Europeo di novembre 2020 mi ero classificata quinta, battendo avversarie che ad oggi sono qualificate per Tokyo. Dopo l'Europeo ho dovuto fermarmi un po' per un problemino al gomito destro. Stavo per ricominciare, ma a inizio gennaio ho preso il covid e sono dovuta stare ferma ancora. Superato il covid ho ricominciato ad allenarmi; mancava un mese al Grand Slam di Tel Aviv. Qui, durante il primo incontro contro la russa Babintseva, mi sono infortunata il gomito sinistro. In quel momento sembrava nulla di grave, ma in realtà l'esito della risonanza diceva tutt'altro. Sono riuscita a non operarmi e a recuperare facendo tanta fisioterapia e riabilitazione; non è stato facile perché non avevo molto tempo. Sono stata ferma un mese e ho ricominciato direttamente con il ritiro per il Grand Slam di Antalya. Con una decina di giorni di judo ho deciso di andare in gara. Ma naturalmente mancava allenamento. Ne ero cosciente, ma la cosa positiva è che il gomito ha retto. Dopo 15 giorni dal Grand Slam di Antalya ci sarebbe stato l'Europeo, quindi sono tornata dalla gara e ho iniziato subito ad allenarmi. All'Europeo ho vinto il primo incontro e al secondo incontro stavo vincendo di due sanzioni a zero con la forte olandese Verkerk, ma ad un certo punto non ce l'ho più fatta fisicamente ed ho perso. Mancava l'ultimo Grand Slam a Kazan. Durante l'allenamento finalmente avevo sensazioni positive: la forma stava tornando. Ma in gara non è stato così: al primo incontro ho beccato la Babintseva, la stessa russa di tel Aviv, e qui la mia testa ha fatto brutti scherzi. Dopo Kazan ho deciso di staccare un po', per ricaricarmi per il Mondiale. 

Poche settimane fa hai disputato il tuo primo mondiale senior. Quali sensazioni?

Al Mondiale ero serena e pronta; sicuramente un po' stanca da tutti i mesi trascorsi. Diciamo che il sorteggio non è il mio forte e, infatti, al primo incontro ho beccato la giapponese Umeki. Sapevo che sarebbe stato difficile qualificarsi all'ultimo, ma non era impossibile. Sicuramente se avessi avuto un po' di fortuna negli infortuni, la strada sarebbe stata un po' meno complicata.

Da un piccolo paese del Veneto a Roma con il CS Carabinieri e in giro per il mondo con la Nazionale. Come hai fato a raggiungere questi traguardi?

Per raggiungere dei traguardi bisogna sacrificarsi, anche se per me non sono dei sacrifici perché faccio quello che mi piace. Prima di entrare nel CS Carabinieri, dopo che nel 2014 mi sono trasferita dalla mia prima società "Rei Riese Pio X" al "Judo Vittorio Veneto" con l'allenatore Manuel Covre, facevo 60km per andare in palestra e poi altri 60km per tornare a casa. Mi allenavo tutti i giorni e, quando andavo a scuola, dovevo conciliare lo studio e gli allenamenti. Infatti capitava spesso che mi svegliavo al mattino presto per studiare oppure perché dovevo andare a correre. Ho dovuto superare un po' di infortuni: il più importante nel 2017, quando mi sono fratturata in più punti il malleolo peroneale.

Prossimo obiettivo Parigi 2024?

Anche se non è andata come avrei voluto, sono fiera di quello che ho fatto e di come sono riuscita ad affrontare le difficoltà del percorso. Ora penso a riposare e a recuperare da tutti i problemi fisici che ho avuto in questi mesi e poi si riparte, perché Parigi 2024 non è così lontano!!

Per finire, volevo ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine: in particolare la mia famiglia che mi supporta sempre, Manuel Covre, che mi ha seguito nella mia carriera agonistica prima del professionismo, il Centro Sportivo Carabinieri e la Federazione.

 

E noi ringraziamo Giorgia per la disponibilità e perché fa sempre piacere vedere un atleta che ha iniziato dai tatami della nostra regione volare in alto!