Le antiche Olimpiadi (II)

images/NewsFederazione/large/1._Crowning_of_Victors_at_Olympia_di_James_Barry.jpg

Roma 7 maggio 2020 Di antiche Olimpiadi mi sono ripetutamente occupato ed è in corso di stampa un mio libro proprio su questo argomento. Sfrutterò quindi le ricerche compiute per scrivere una serie di articoli nelle News della FIJLKAM. Buona lettura

Livio Toschi

I premi alle Olimpiadi

Vennero chiamati agones stephanitai o “coronali” i giochi che premiavano la vittoria con una corona: di ulivo selvatico (kotinos) a Olimpia, di alloro (daphne) a Delfi, di pino (pitus) a Istmia, di sedano selvatico o apio (selinon) a Nemea. Le corone olimpiche erano intrecciate con i rami dell’ulivo sacro che cresceva presso l’opistodomo – ossia la parte posteriore – del tempio di Zeus, tagliati con un falcetto d’oro, in una notte di plenilunio, da un fanciullo figlio di genitori greci ancora in vita.
Erodoto narra che Tritantacme, uno dei generali di Serse, si meravigliò che i Greci gareggiassero a Olimpia per una semplice corona di ulivo, non per denaro. Né nascondeva il suo stupore lo scita Anacarsi nell’omonimo dialogo di Luciano di Samosata. Il premio simbolico era tuttavia integrato da grandi onori e da cospicue ricompense o rendite periodiche offerte dalle città di provenienza, orgogliose della fama così conquistata. Per contrastare i successi sportivi di Sparta il legislatore Solone fissò a 100 dracme il premio per gli Ateniesi affermatisi ai Giochi Istmici, mentre addirittura 500 dracme, con cui si potevano comprare 500 pecore o 100 buoi, erano l’incentivo per un successo alle Olimpiadi.

1.


I vincitori di uno dei giochi del “circuito” – afferma Vitruvio nel suo trattato Sull’Architettura – godevano per tutta la vita di sussidi pubblici e avevano il diritto di entrare in trionfo nella propria città su una quadriga. Nel 412 a.C. Agrigento addirittura fece scortare Esseneto, per la seconda volta vincitore della corsa veloce a Olimpia, da trecento bighe tirate da cavalli bianchi. Gli olimpionici, inoltre, ricevevano quotidianamente pasti gratuiti e talvolta erano persino mantenuti in perpetuo a spese dello stato, venivano esentati dalle tasse, sedevano nei posti d’onore agli spettacoli e potevano essere immortalati con una statua nel recinto sacro di Olimpia, oltre che nella loro città. Avevano addirittura il diritto di vendere o trasmettere in eredità le “pensioni” ricevute. Insomma, in quanto a concedere gratificazioni e privilegi ai campioni dello sport, gli antichi Greci non erano secondi a nessuno!
E non dimentichiamo l’aumento di prestigio sociale, che si concretizzava con incarichi diplomatici o politici e con la concessione di combattere in battaglia al fianco del re, onore sommo per gli Spartani, come ci riferisce Plutarco. Con un’iperbole Platone afferma che i custodi del suo utopico stato «condurranno un’esistenza tanto felice quanto quella degli atleti vincitori a Olimpia», i quali – secondo Pindaro – «per il resto dei loro giorni assaporano serenità di miele». Luciano sintetizza bene il sentimento popolare, affermando che «il vincitore è paragonato a un dio». Insomma, veniva largamente appagato il desiderio di gloria (philotimia) degli atleti, che stimavano la corona di ulivo – e i cospicui benefici che ne derivavano – più della vita, come affermò Dione di Prusa, detto Crisostomo.
La gloria di un vincitore, inoltre, si riverberava sulla famiglia e sulla città di origine, che attendevano perciò con ansia i risultati delle gare. Per informare il padre del proprio successo a Olimpia, il lottatore Taurostene di Egina nel 444 a.C. si servì del sistema più veloce dell’epoca: una colomba, alla quale aveva legato un nastro di porpora intorno al collo, il segno convenuto della sua vittoria.

3. Atleta di Fano Getty Villa Malibù2.
Si chiamavano agones chrematitai i giochi di minor prestigio, in cui venivano concessi premi in denaro o in oggetti di valore (anfore d’olio, vino, animali, tripodi, armi, ecc.) per assicurarsi la partecipazione di atleti affermati, magari proprio dei vincitori di giochi coronali, che non disdegnavano di essere lautamente remunerati, alla faccia del presunto dilettantismo del buon tempo antico. Un ideale, questo, a lungo sbandierato in netta contraddizione con la realtà storica. In origine tutti gli agoni furono chrematitai, come vediamo in Omero, il quale racconta che persino i re si contendevano a brutto muso i ricchi premi in palio.

 

Didascalie

 

1. Cratere lucano con incoronazione, del Pittore di Amykos (420 a.C.) – Museo Olimpico, Losanna

2. Atleta che s’incorona o Atleta di Fano, bronzo forse di Lisippo (IV-II secolo a.C.) – Getty Villa, Malibù