L’origine del sumo si ricollega al leggendario combattimento che ebbe luogo davanti all’imperatore Suinin (29 a.C. - 70 d.C.) tra l'arrogante capo delle guardie Taima-no-Kuyehaya e Nomi-no-Sukune (da molti autori indicato come Shikine), che uccise l'avversario spezzandogli la schiena. Il vincitore ricevette onori e ricchezze, nonché l'incarico di regolamentare il suo efficacissimo metodo di lotta per renderlo meno pericoloso.

Da combattimento primitivo e cruento (chikara-kurabe) il sumo progredì verso una forma di addestramento militare, fino a diventare un vero e proprio rito durante le raffinate epoche Nara ed Heian, imbevute di cultura cinese: l'imperatore Shomu (724-740), infatti, lo incluse tra i giochi della Festa del Ringraziamento per il raccolto.

L'importanza del sumo fu veramente grande, visto che nell'858 Korehito e Koretaka, giovanissimi figli dell'imperatore Montoku, arrivarono a disputarsi il trono con un incontro di lotta tra i loro campioni Yoshiro e Natora. Vinse Yoshiro e Korehito divenne l'imperatore Seiwa.

Il primo stadio nazionale di sumo, il Kokugikan, sorse nel 1909 a Ryogoku. Quello attuale fu inaugurato nel 1985.

In Giappone ognuno dei 6 grandi tornei annuali (tre a Tokyo, uno a Fukuoka, uno a Nagoya, uno ad Osaka) dura 15 giorni. Gli incontri sono preceduti dall'antico cerimoniale (shikiri), che comprende il purificatorio lancio di sale sulla pedana (shio-maki).

Prima di affrontarsi, i sumotori (o rikishi) battono i piedi per terra (shiko) per allontanare gli spiriti maligni. I combattimenti sono diretti da un arbitro (gyoji) sontuosamente abbigliato e munito di un ventaglio, che adopera come la verga dell'antico arbitro greco di lotta.

I sumotori indossano soltanto un perizoma (mae-tate-mitsu) ed una grossa cintura (mawashi). L’area di combattimento (dohyo) è costituita da una piattaforma quadrata, sollevata dal suolo. All'interno della piattaforma è tracciato un cerchio del diametro di 4,55 metri, delimitato da una fune di paglia intrecciata. Il banzuke è il programma ufficiale degli incontri di un torneo.

Non ci sono categorie di peso e i lottatori vengono divisi secondo la loro bravura: i più alti ranghi sono quelli dei "campioni" (ozeki) e dei "grandi campioni" (yokozuna). Al termine del complesso rituale imposto dalla tradizione shintoista i lottatori assumono la posizione di partenza, si guardano minacciosi e, al segnale dell'arbitro, si rialzano con veemenza scontrandosi al centro del dohyo. Vince il combattimento, talora brevissimo, chi costringe l’avversario a toccare il tappeto oppure a uscire fuori dell’area di gara.

Concluso il torneo, ha luogo la danza cerimoniale dell'arco (yumitori-shiki) per ricordare la danza gioiosa eseguita nel 1575 da un lottatore, cui il grande condottiero Oda Nobunaga aveva donato un prezioso arco per la sua vittoria.

Una disciplina dagli aspetti agonistici semplicissimi, senza tatticismi e con tecniche apparentemente elementari: eppure è uno sport che affascina i giapponesi e interessa anche gli osservatori stranieri. Il suo segreto risiede probabilmente proprio nella semplicità di uno scontro repentino e violento tra uomini potentissimi.

Nell’immaginario collettivo il sumo è lo sport dei giganti che si lanciano l’uno contro l’altro con tutta la forza d’urto delle loro possenti masse muscolari. Nella versione agonistica adottata in Occidente gli atleti sono divisi in 3 categorie di peso (85, 115, +115 kg) più la gara open.