Amarcord Loriga: Chi era la "Freccia del Sud"?
Roma 2 maggio 2020 Riprende anche questo mese un appuntamento fisso con le storie raccontate da un grande amico della FIJLKAM, il giornalista Vanni Lòriga, uno dei massimi esperti di sport in Italia. Racconterà per inostri appassionati lettori dei campioni olimpici delle nostre discipline, ma anche le curiosità e gli aneddoti di personaggi famosi e a volte insospettabilmente legati ai nostri sport.
Il Maestro Livio Toschi ha iniziato a raccontare per questo sito le vicende degli antichi Giochi Olimpici. E leggendo la prima puntata dello Storico per eccellenza scatta in me la molla del cronista, quale sono ormai da una settantina di anni. Nello scritto che ho citato due passaggi mi hanno indotto ad alcune riflessioni. Il primo è la citazione dello stadion, quella che fu la prima gara dei Giochi di Olimpia. La distanza esatta, pari a 600 piedi, è di 197,27 metri. Praticamente 200 metri e quindi faccio un salto di oltre 27 secoli e mi trovo in compagnia di due nostri connazionali che hanno vinto il titolo olimpico su distana analoga, quella dei 200 metri: Livio Berruti nel 1960 e Pietro Paolo Mennea nel 1980.
Il quale Mennea fu soprannominato la "Freccia del Sud". Ricordiamo che fra i 17 italiani olimpionici nell'atletica uno solo è nato a sud di Bologna, proprio Mennea da Barletta.
Toschi parla anche di Eracle come probabile ideatore dei Giochi. Ed il suo nome non può non rievocare Kroton, l'amico che uccise per errore ed a cui volle fosse fondata ed intitolata la città che ora si chiama Crotone. Non voglio anticipare nulla su questa città che era praticamente la capitale culturale e sportiva della "Grecia d'Occidente", cioè della Magna Grecia. Ne parlerà ovviamente chi di dovere: ma io mi sono sempre chiesto se in quel luogo non ci fossero anche dei velocisti. C'erano e come: scorrendo le classifiche di quel tempo se ne trovano parecchi. Ad altri tocca parlarne: da parte mia mi limito a ricordare quanto ne scrisse Strabone. Ci parla di un certo Eratostene che vinse nella 51sima edizione dei Giochi precedendo sul traguardo altri sei compaesani e conclude con la famosa massima: " L'ultimo dei crotonesi vale più del primo dei Greci".
Forse c'era già una Freccia del Sud... Leggete la Storie di Toschi, come farò io pronto a scoprire nel passato qualche aggancio con il presente. E magari con il futuro…
Le antiche Olimpiadi (I)
Roma 30 aprile 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Origine mitica delle Olimpiadi
L’“inventore” delle Olimpiadi fu – secondo una delle tradizioni più note – Ercole il semidio. Una leggenda, legata alla quinta delle sue celebri Fatiche, afferma che Ercole non fu ricompensato dal re Augia di Elide, al quale aveva ripulito le immonde stalle deviando il corso del fiume Alfeo. Dopo aver ucciso il mendace e tirchio sovrano, per espiare Ercole innalzò in Olimpia altari alle principali divinità e piantò “il glauco ulivo” (chiamato kallistephanos) proveniente dal paese degli Iperbòrei. Quindi fondò i Giochi e delimitò lo stadio, la cui pista – di lunghezza pari a 600 piedi del semidio – raggiunse la dimensione massima tra quelli ellenici: 192,27 metri. Nelle gare disputate per l’occasione, afferma Pausania, s’imposero Castore (corsa), Polluce (pugilato), Iolao (corsa dei carri), Iasio (corsa dei cavalli) e lo stesso Ercole (lotta e pancrazio). Con i rami dell’ulivo sacro a Zeus vennero intrecciate le corone per i vincitori, poi “il dolce chiarore della luna illuminò la sera e tutta Olimpia risuonò di canti festosi”.
1.
Secondo un’altra tradizione, che risale a Pindaro, il fondatore dei Giochi fu l’eroe lidio Pelope, da cui prese nome il Peloponneso. Antenato di Ercole, figlio di Tantalo e nonno di Agamennone e Menelao, Pelope organizzò i Giochi in onore Zeus dopo la sua vittoria su Enomao, re di Pisa (città presso Olimpia). Costui era padre della bellissima Ippodamia, che molti chiedevano in moglie, ma un oracolo aveva predetto al re che sarebbe morto per mano del genero. Così Enomao, preferendo fare della figlia una zitella piuttosto che un’orfana, decise che avrebbe sposato Ippodamia solo colui che lo avesse sconfitto nella corsa dei cocchi (da Pisa all’altare di Poseidone a Corinto), il che non era possibile, avendo il re ricevuto in dono dal padre Ares due cavalli imbattibili. Nonostante il vantaggio che concedeva agli avversari, infatti, Enomao ben presto li raggiungeva, trafiggendoli alle spalle con la lancia. Poi mozzava loro la testa e l’inchiodava alle porte della reggia, quale monito macabro ma eloquente per i futuri pretendenti. Sorvolo sulle maligne voci che attribuivano a Enomao un’incestuosa passione per la figlia.
Tredici pretendenti avevano già fatto una brutta fine quando si presentò Pelope, di cui Ippodamia s’invaghì al primo sguardo. Pertanto la fanciulla lo aiutò a corrompere l’auriga di Enomao, Mirtilo, il quale sostituì i perni delle ruote del cocchio reale con perni in cera, che non tardarono a cedere durante la corsa, causando la morte del re nella rovinosa caduta. Forse non sarebbe stato necessario, poiché anche i cavalli di Pelope erano dono di un dio (Poseidone), ma per essere proprio certo della vittoria, il giovane non ebbe remore a utilizzare la frode.
Si dice che Pelope per convincere Mirtilo gli avesse promesso persino una notte d’amore con Ippodamia. Conclusa la corsa, però, o perché Pelope non voleva mantenere l’indecente promessa, o perché Mirtilo cercò di violentare Ippodamia, il presunto fondatore delle Olimpiadi scaraventò in mare il suo complice (che il padre Ermes tramutò nella costellazione dell’Auriga). Poi, per farsi perdonare da Zeus, in suo onore istituì i Giochi.
I preparativi della corsa furono immortalati dal cosiddetto Maestro di Olimpia nel frontone est del tempio di Zeus (metà del V secolo a.C.). Le sculture a tutto tondo del frontone, in marmo pario e un tempo dipinte, si conservano nel Museo Archeologico di Olimpia.
2.
Insomma, che il fondatore sia stato Ercole oppure Pelope, le Olimpiadi non nacquero sotto una buona stella e al saettante Zeus toccò un bel po’ di lavoro straordinario per purificarle da menzogne, tradimenti e omicidi.
Didascalie
1. Pelope e Ippodamia raffigurati su un’anfora attica da Casalta (420-410 a.C.) – Museo Archeologico, Arezzo.
2. Il sito archeologico di Olimpia. In alto si nota lo stadio.
Clic, la foto racconta… #3
Roma, 29 aprile 2020 – Sorride felice e soddisfatto, Frank Chamizo, campione d’Europa per la quarta volta. Siamo a Roma, è il 16 febbraio 2020 e il nostro lottatore è avvolto dalla bandiera italiana che ha difeso strenuamente per tutto il torneo. La tensione di quelle ultime ore, di quei giorni di torneo, di quei mesi di preparazione, si scarica finalmente in una vittoria, sofferta e guadagnata all’ultimo secondo di una sfida sempre sul filo del rasoio, e Frank può rilassarsi.
Le mani in alto, in quello che sembra un segno di pace, a salutare i suoi tifosi e compagni, ma anche gli avversari. Da due giorni, Frank era solamente concentrato nella competizione, e ora può liberare tutta la sua naturalezza e spontaneità che lo contraddistinguono, sulla materassina come al di fuori.
Intorno il buio e quel pubblico che si intravede appena, ma a cui Frank sta indirizzando il suo sorriso e la sua gioia. Ne parla sempre, Frank, durante le sue interviste, del pubblico e della passione verso la lotta: uno sport che può far innamorare.
La fotografia è di Emanuele Di Feliciantonio, fotografo ufficiale FIJLKAM.
Amarcord Loriga: Le Olimpiadi del 1960 a Roma
Roma 25 aprile 2020 Riprende oggi un appuntamento fisso con le storie raccontate da un grande amico della FIJLKAM, il giornalista Vanni Lòriga, uno dei massimi esperti di sport in Italia. Racconterà per inostri appassionati lettori dei campioni olimpici delle nostre discipline, ma anche le curiosità e gli aneddoti di personaggi famosi e a volte insospettabilmente legati ai nostri sport.
Nei giorni scorsi si è parlato della Lotta Olimpica 1960 e della Basilica di Massenzio. Vi proponiamo una fotografia d'epoca e raccontiamo qualcosa di quella Olimpiade romana.
Anzitutto la Basilica dovrebbe essere più propriamente chiamata di Costantino. Massenzio ne aveva iniziato la costruzione nel 303 d.C. ma fu Costantino, dopo la battaglia di Saxa Rubra, che la terminò nel 313. Chiamata anche Basilica Nova fu adibita ad ospitare le attività giudiziarie.Sole che sorgi libero e giocondo--
Considerate le sue caratteristiche fu scelta per ospitare i due tornei di lotta greco-romana e libera. Sotto le tre magnifiche volte alte 35 metri furono collocati tre tappeti quadrati ; sullo spazio antistante furono sistemati gli spettatori. Per la stampa un settore speciale con venti cabine telefoniche e servizi di ogni genere fra cui interpreti in molte lingue. Ambiente storicamente inimitabile, posizione invidiabile a pochi metri dal Colosseo. Tutto bene, anzi benissimo? No, perché purtroppo i tre tappeti di gara, esposti al sole romano, ben presto divennero quasi incandescenti ed erano impraticabili.
Si dimette il grande Emilio Izzo
Si decise di cambiare gli orari e venne posto sotto accusa il responsabile organizzativo. Il quale rispondeva al nome del Professor Emilio Izzo, fondatore nel 1946 del CUS Roma e lottatore mentre frequentava la Minerva. Laureatosi in medicina, nel 1952 si era trasferito in Finlandia specializzandosi in chirurgia plastica. Nel campo fu fra i migliori in Italia. Non aveva nessuna responsabilità nella determinazione degli orari indicati dalla Federazione Internazionale né nella scelta del luogo ma, uomo di onore quale era, si assunse ogni colpa e si dimise. Gli subentrò il genovese Anselmo Bafico, consigliere federale nel settore pesistico. I tornei di Lotta furono portati regolarmente a termine con il dominio assoluto degli atleti turchi.
Ignazio Fabra battuto " ai punti"
Gli Azzurri non salirono sul podio che venne sfiorato dal grecoromanista Umberto Trippa e nella libera da Gaetano De Vecchi e Pietro Marescalchi, tutti classicati al quarto posto. Commovente ed esaltante la prova di Ignazio Fabra alla terza delle sue quattro Olimpiadi. Dopo gli argenti di Helsinki e Melbourne a Roma è soltanto quinto. Partito con tre vittorie ai punti è, per il regolamento di allora, penalizzato di tre punti. unom per ogni vittoria che non sia prima del limite. Incappa poi in un pareggio (due punti...) ed al quinto turno è siperato, ai punti, dal fututo vincitore del titolo Dumitri Pirvulescu. Il grande e silenzioso palermitano è solo quinto...
Ignazio Fabra
Le ruspe tra i reperti romani...?
Ora la Basilica di Massenzio è pericolante. Le ultime ingiurie le sono state inferte dai lavori per la Linea C della Metropolitana. Che non manca di problemi sempre nuovi. Era attesa al Colosseo un paio di anni fa ma è ancora ferma a Porta Metronia: si dice che per collegarsi alla Linea B basterà attendere il 2024... intanto si sono fermati gli scavi che puntavano a Piazza Venezia, sfiorando la nostra Basilica. I lavori sono sospesi e ci sono problemi per recuperare le talpe escavatrici che sono ferme. Si è ipotizzato che vengano lì sotterrate.... Cosi magari fra mille anni i futuri archeologi potrebbero affermare. " Te lo avevo detto io che gli antichi Romani avevano già il Metro...". Speriano bene e ci acconteremo che la Basilica Nova resti lì in eterno.
L’Olimpiade di Tokyo 1964: arriva il Judo
Roma 23 aprile 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
La XVIII Olimpiade si disputò a Tokyo dal 10 al 24 ottobre 1964: 93 le nazioni partecipanti, 5.140 gli atleti (683 donne), 22 gli sport, 163 le gare. Cina e Corea del Nord non accettarono l’invito, mentre il Sudafrica fu escluso dal CIO a causa della sua politica di segregazione razziale. L’Italia, presente con 170 atleti, vinse 10 medaglie d’oro, 10 d’argento e 7 di bronzo, piazzandosi al 5° posto nella classifica per nazioni alle spalle di USA, URSS, Giappone e Germania, che per l’ultima volta fino al 1992 gareggiò sotto un’unica bandiera.
1.Alla cerimonia d’apertura, trasmessa in mondovisione, era presente l’imperatore Hirohito. Allorché la fiamma arse nel braciere olimpico diecimila tamburi iniziarono a rullare, migliaia di palloncini vennero liberati nell’aria e cinque jet con le loro scie di fumo disegnarono nel cielo gli anelli olimpici, mentre in tutto lo stadio si diffuse un intenso odore di crisantemo, il fiore nazionale del Giappone. L’ultimo tedoforo, Yoshinori Sakai, era nato a Hiroshima il 6 agosto 1945, un’ora esatta dopo il lancio della bomba atomica. Nulla si lasciò al caso: per impedire alle bandiere di afflosciarsi, per esempio, durante le premiazioni vennero utilizzati dei potenti ventilatori. L’asta su cui fu issata la bandiera con i cinque cerchi misurava 15 metri e 21 centimetri d’altezza, la stessa misura con cui all’Olimpiade di Amsterdam nel 1928 Mikio Oda aveva vinto nel salto triplo la prima medaglia d’oro giapponese.
Nel programma fecero il loro esordio sia la pallavolo che il judo, con 3 categorie di peso (-68, -80, +80 kg) più l’open. Nakatani, Okano e Inokuma vinsero le rispettive categorie, ma il gigante olandese Anton Geesink, imponendosi nella categoria open, gelò la Nippon Budokan Hall stipata da 15.000 spettatori. Geesink immobilizzò a terra il nipponico Akio Kaminaga, che sovrastava fisicamente: 20 cm in più di altezza e 20 chili in più di peso. Molti giapponesi piansero per la delusione, anche se la sconfitta non doveva risultare del tutto inaspettata, visto che l’olandese era campione mondiale ed europeo in carica. Nonostante il successo riscosso, il judo fu escluso dai Giochi del 1968 per rientrare definitivamente nel programma 4 anni dopo a Monaco.
I migliori risultati degli atleti FIAP, accompagnati dal segretario generale Livio Luigi Tedeschi, furono nella greco-romana il 4° posto di Ignazio Fabra (52 kg), alla sua quarta Olimpiade, e nei pesi il 5° di Sebastiano Mannironi (60 kg), che migliorò i primati italiani di distensione e totale nei 3 esercizi. In seguito all’insuccesso di Tokyo (era dal 1936 che non restavamo a secco di medaglie) il presidente Giovanni Valente si dimise.
Gli impianti più significativi utilizzati per i Giochi furono lo Stadio Nazionale (inaugurato nel 1958 e demolito nel 2015), di Mitsuo Katayama, il Nippon Budokan, di Mamoru Yamada, il Gymnasium a Komazawa, di Yoshinobu Ashihara, e quello ai margini del parco Yoyogi, capolavoro di Kenzo Tange. Nel 2021 il National Gymnasium a Yoyogi ospiterà la pallamano e il Budokan sarà utilizzato per le gare di judo (come nel 1964) e di karate, che esordirà alle Olimpiadi.
Il manifesto con il sole rosso che sormonta gli anelli olimpici e la scritta Tokyo 1964, tutta color oro (55x101 cm), fu realizzato da Yusaku Kamekura (vincitore di un apposito concorso) e interruppe la tradizione stilistica figurativa del poster olimpico. A partire dalla XVIII Olimpiade, inoltre, i Comitati Organizzatori non si limitarono più a un solo manifesto ufficiale: per Tokyo ne furono elaborati quattro. Gli altri tre Kamekura li disegnò in collaborazione con i fotografi Osamu Hayasaki e Jo Murakoshi. Raffiguravano la partenza di una corsa veloce (The Start of Sprinters Dash), un nuotatore (A Butterfly-Swimmer) e un tedoforo (An Olympic Torch Runner). Per la prima volta fu utilizzata la fotografia nei manifesti delle Olimpiadi.
Il primo, ancor grezzo, tentativo di produrre dei pittogrammi risaliva ai Giochi di Londra 1948, ma solo a Tokyo si concretizzò una moderna serie di simboli, sia per rappresentare i diversi sport, sia per offrire informazioni generali al pubblico attraverso un linguaggio universalmente compreso. Da allora i pittogrammi accompagnano immancabilmente ogni Olimpiade. Per i Giochi del 1964 Masaru Katzumie, direttore artistico, e Yoshiro Yamashita, grafico, realizzarono una sessantina di simboli.
2.3.
Dall’ottobre 1961 al settembre 1964 il Giappone emise 25 francobolli, di cui 20 (tutti da 5+5 yen) raffiguravano gli sport, uno la fiamma olimpica e 4 i principali impianti di gara.
La medaglia per i vincitori dal 1928 doveva uniformarsi al modello di Giuseppe Cassioli, quindi non variò, mentre il dritto di quella in bronzo per i partecipanti (Ø 61 mm) venne modellato dal famoso artista Taro Okamoto (vi si notano 4 atleti e un ramo di ulivo) e il rovescio da Kazumitsu Tanaka. La città natale di Okamoto, Kawasaki, nel 1999 ha aperto un museo a lui dedicato.
Anche a Tokyo, seguendo la tradizione iniziata nel 1952 a Helsinki, furono coniate delle monete: da 100 yen (argento 600/1000, Ø 22,5 mm) e da 1000 yen (argento 925/1000, Ø 35 mm), che sul recto raffigura il Fujiyama, montagna sacra del Giappone, nel 2013 inclusa dall’UNESCO nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
4.
Didascalie:
In copertina: Il Nippon Budokan
1. Uno dei manifesti dei Giochi di Tokyo 1964 (The Start)
2. Il pittogramma del Judo
3. Il francobollo del Judo
4. La medaglia per i partecipanti
Clic, la foto racconta… #2
Roma, 22 aprile 2020 – Europei di Lisbona del 2008, Ylenia Scapin e Gévrise Émane hanno appena combattuto per accedere alla finale. Sembrano esauste, capelli arruffati, back number scuciti, fiato ancora in gola, le due atlete si ritrovano fronte contro fronte, con le mani intrecciate, in segno di rispetto e di ringraziamento, l’una verso l’altra.
Il judo, nel saluto, mostra la sua essenza. In questo gesto, in questo inchino, c’è la forza e la filosofia del judo. È così per i bambini di qualsiasi scuola del mondo, è così per gli atleti olimpici. C’è il profondo rispetto dell’avversario e dei compagni, c’è l’amicizia e c’è il controllo di sé.
Ylenia ha avuto la meglio e finalmente potrà andare a vincere la sua prima medaglia d’oro europea, dopo una carriera di grandissimi risultati. Ma non è ancora quel momento. Le due atlete, in questa foto, sono ancora pienamente dentro all’incontro, non inteso soltanto come combattimento, ma come avvicinamento e scambio. Perché in fondo il judo permette ed auspica l’incontro. Fra i ragazzi della scuola, fra gli atleti, fra i campioni. Il judo, in questa foto, diventa l’arte dell’incontro e l’occasione di un rapporto. Rapporto che, fra Ylenia e Gévrise, al momento della foto, non si è ancora concluso, ma anzi, forse, si trova al suo apice.
La foto è di Emanuele Di Feliciantonio, fotografo ufficiale FIJLKAM.
CIO: revisione sui principi di qualificazione olimpica
Martedì, 21 aprile 2020 – Nei giorni scorsi il CIO ha fatto sapere di aver apportato una serie di modifiche al Sistema di Principi di Qualificazione a Tokyo 2020. Modifiche necessarie vista la pandemia di Covid-19 in corso e la conseguente scelta delle nuove date olimpiche.
Specifichiamo subito che i Principi di Qualificazione sono il riferimento per tutti i sistemi di qualificazione, regolati e stabiliti dalle Federazioni Internazionali, ognuna nel suo sport o disciplina. Questi sistemi consistono nell’insieme di regole, procedure e criteri per la partecipazione ai Giochi Olimpici.
Di seguito, i punti chiave della suddetta revisione ai Principi di Qualificazione, approvati dal CIO nel luglio 2017 e ora rivisti.
Per quanto riguarda il periodo di qualificazione, la sua estensione era inevitabile. Il 29 giugno 2021 è la nuova scadenza finale, termine ultimo, per portare un atleta a Tokyo. Il termine ultimo per le iscrizioni sportive è stato invece spostato al 5 luglio 2021, mentre i sistemi di qualificazione delle singole Federazioni Internazionali verranno visionate e finalizzate il prima possibile.
Per quanto riguarda l’assegnazione delle quote, gli atleti che hanno già ne hanno già ottenuta una la manterranno, nonostante il rinvio. Il 57% del totale delle quote sono già state assegnate e ne mancano circa 5.000. I Comitati Olimpici Nazionali, che selezionano alcuni atleti e ottengono per loro una quota di partecipazione, mantengono tale diritto.
Il principio che dovrà guidare le Federazioni Internazionali è quello di rispettare, il più possibile, i metodi e i percorsi dei sistemi di qualificazione originali, cercando dunque di mantenere lo stesso numero di eventi previsti prima delle cancellazioni e sospensioni necessarie.
Lo scenario delle qualificazioni basate sul Ranking è molto delicato ed il CIO ha deciso di lasciare piena discrezionalità alle Federazioni Internazionali nel definire le nuove scadenze e i nuovi percorsi delle classifiche. Un buon equilibrio, consiglia comunque il CIO, può essere trovato fra il proteggere gli atleti che erano molto vicini alla qualificazione in base alle scadenze del 2020 e, insieme, l’assicurare la partecipazione dei migliori atleti, permettendo di continuare il percorso nel 2021.
Le Federazioni Internazionali sono inoltre invitate a confrontarsi con le rispettive Federazioni Nazionali per giungere a una decisione giusta e trasparente.
In ultima analisi, i criteri di eleggibilità. Nel rispetto del principio per cui gli atleti già qualificati sono a tutti gli effetti confermati, è possibile per le Federazioni Internazionali estendere l’età massima. Dunque, chi era eleggibile nel 2020 lo sarà anche nel 2021, a meno che questo non comporti un rischio per la salute dell’atleta. Per quanto riguarda l’età minima, essa verrà abbassata e chi non era eleggibile a luglio 2020 lo sarà invece a luglio 2021.
Il CIO ci tiene a ricordare che la salute degli atleti deve essere il principio guida nella calendarizzazione degli eventi di qualificazione da recuperare. Esorta, dunque, a confermare tali eventi soltanto una volta che gli effetti del Covid-19 siano accertati e controllabili.
Amarcord Loriga: Nerone, il più olimpionico degli Italiani
Roma 18 aprile 2020 Riprende oggi un appuntamento fisso con le storie raccontate da un grande amico della FIJLKAM, il giornalista Vanni Lòriga, uno dei massimi esperti di sport in Italia. Racconterà per inostri appassionati lettori dei campioni olimpici delle nostre discipline, ma anche le curiosità e gli aneddoti di personaggi famosi e a volte insospettabilmente legati ai nostri sport.
Questa è la prima puntata, buona lettura!
Come tutti sanno i Giochi Olimpici 2020 sono rinviati al prossimo anno e sono state già rese note le date di svolgimento delle gare. Si ricorda sempre che è la prima volta che una edizione dei Giochi non si disputa nell’anno olimpico. Il che è vero per i Giochi moderni ma esiste un interessante precedente in quelli antichi.
La 211a edizione, che avrebbe dovuto svolgersi nel 65 d.C. , si tenne invece nel 67 dopo Cristo. Chi lo decise? Semplicemente l’imperatore Claudio Cesare Augusto Germanico, al secolo Nerone.
L’Imperatore si era regolarmente iscritto a quei Giochi e si stava trasferendo in Grecia quando, giunto a Benevento, gli giunse voce che a Roma i Senatori stavano tramando contro di lui. Dietrofront, rientro nella Capitale e Giochi rinviati di due anni.
Nerone fu il dominatore di quelle Olimpiadi affermandosi in sei gare, molte delle quali da lui inventate. Alle stranissime corse di cavalli aggiunse le gare per drammaturghi e citaredi. E di cetre lui se ne intendeva.
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Lucio Domizio Enobarbo , il vero nome originario di Nerone, è quindi l'Italiano (era nativo di Anzio) ad aver vinto sei titoli in una sola edizione olimpica, superando Nedo Nadi che per cinque volte si affermò in quelli moderni del 1920.
Nei Giochi disputati nella antica Olimpia il lottatore più volte vittorioso fu Milone da Crotone, ben sette titoli ma in edizioni differenti fra cui una giovanile.
Quanto agli sport che interessano la nostra Federazione va ricordato che il vincitore del pancrazio in quella Olimpiade “neroniana” fu Xenodamo di Antiochia. Ma il più famoso dei pancrazisti antichi fu Polidamante da Scotus, lo cita Platone ne “La Repubblica” raccontando il confronto tra Socrate ed il sofista Trasimaco il quale asseriva che la “Giustia"è ciò che giova al più forte. Socrate gli fece osservare come notoriamente il più forte di quei tempi fosse il pancrazista Polidamante al quale giovava la carne di bue. Conclusione inevitabile: la Giustizia altro non è che la carne bovina...
2.
3.
Di Polidamante, che aveva vinto i Giochi della 93a Olimpiade, parla anche Pausania. La sua incredibile forza (fra l'altro uccise a mani nude un leone) fu apprezzata da Dario il Grande. Alle sue dipendenze affrontò disarmato i tre più validi soldati armati della guardia imperiale: superfluo precisare che li fece fuori tutti...
Preso atto che per oltre un anno non potremo trattare dei Giochi Moderni, getteremo ulteriori sguardi su quelli antichi.
…segue…
Didascalie:
In copertina: Nerone
1. Milone da Crotone
2. Platone
3. Socrate
Clic, la foto racconta...
Roma, 17 aprile 2020 - Siamo a Tampere, in Finlandia, ed è il 2006. Luca Valdesi è appena stato incoronato campione del mondo per la seconda volta. Replica esatta di ciò che accadeva soltanto due anni prima a Monterrey, in Messico.
In questo abbraccio vediamo Andrea Valdesi, il padre di Luca che lo ha cresciuto come uomo e come sportivo, anche lui maestro di karate.
Andrea, orgoglioso e presente, lo seguiva ovunque e a sue spese. Non importava che le gare fossero in Messico, piuttosto che in Europa, in Brasile o in Giappone: il papà di Luca Valdesi c’era sempre.
È un abbraccio liberatorio. Per tutti i sacrifici e gli allenamenti, per la cura dei particolari e dei minimi dettagli che tanto caratterizzano il kata. Un abbraccio liberatorio, dunque, e uno sfogo. Uno sfogo pieno di gioia che, oltre alla tensione e alle pressioni dello sport, racconta l’amore fra un padre ed un figlio.
Andrea, stretto tra le braccia del figlio, entrambi avvolti da una rassicurante bandiera italiana, si lascia andare alla contemplazione dell’energia di Luca, con gli occhi chiusi, in un abbraccio che libera e giustifica i sacrifici dei grandi atleti e dei grandi campioni.
La foto è di Emanuele Di Feliciantonio, fotografo ufficiale FIJLKAM.
La mancata Olimpiade del 1944: Londra batte Roma 20 a 11
Roma 16 aprile 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
In due precedenti articoli ho sinteticamente raccontato le vicende che spinsero il CIO ad assegnare la XII Olimpiade a Tokyo, che dovette rinunciarvi in seguito alla decisione presa dal governo nipponico il 16 luglio 1938. L’arduo compito toccò quindi a Helsinki. Nemmeno un anno dopo fu necessario assegnare la XIII Olimpiade.
Dal 5 al 10 giugno 1939 il CIO si riunì a Londra e l’argomento principale all’ordine del giorno fu la scelta della sede per i Giochi del 1944. Vennero presentate le candidature di Atene, Detroit, Losanna, Roma e Londra. È curioso trovare Detroit tra le città candidate. Il Comitato Organizzatore era formato dalle case automobilistiche General Motors, Ford e Crysler. La Camera di commercio di Detroit si dichiarò pronta a mettere a disposizione degli organizzatori una somma di 300 milioni sia per l’organizzazione dei Giochi, sia per la costruzione di uno stadio da 110.000 posti e di un villaggio olimpico.
Assieme a tutta la stampa nazionale anche il CONI nel 1939 sostenne la candidatura della Città Eterna pubblicando un opuscolo intitolato, come nel 1935, Roma Olimpiaca. Alla sessione di Londra la nostra causa fu perorata dal conte Alberto Bonacossa, membro della Commissione Esecutiva del CIO, e va pure ricordato che l’Italia schierava ben tre delegati: Bonacossa, Paolo Thaon de Revel e Giorgio Vaccaro. Inoltre, il 21 aprile 1942, Roma avrebbe inaugurato l’Esposizione Universale, definita “Olimpiade della Civiltà”: un bel viatico per ottenere anche i Giochi del 1944.
Tuttavia, il 9 giugno 1939, Londra ebbe la meglio su Roma con 20 voti contro 11. La delusione italiana fu notevole e l’insuccesso contro la “perfida Albione” va certamente ascritto alla nostra aggressiva politica internazionale, che ci aveva spinti a occupare l’Albania in aprile e a stringere il Patto d’Acciaio con Hitler il 22 maggio. Quale magra consolazione l’Olimpiade invernale venne assegnata a Cortina d’Ampezzo, che prevalse su Montreal e Oslo. All’inizio di settembre, tuttavia, ebbe inizio la seconda guerra mondiale e pertanto anche i Giochi del 1944 furono annullati, ma Londra si rifece nel 1948. Solo molti anni più tardi, invece, Roma (nel 1960) e Tokyo (nel 1964) riuscirono a ospitare la XVII e la XVIII Olimpiade.1.
2.
3.
Non possiamo dimenticare, però, che Roma ha inanellato un’incredibile serie di fallimenti quale candidata ai Giochi: dopo aver rinunciato all’Olimpiade del 1908, non ricevette il sostegno del governo per quella del 1920, fu superata da Parigi nel 1924 e da Berlino nel 1936, rinunciò all’Olimpiade del 1940 e venne sconfitta da Londra per quella del 1944. Infine, dopo l’indimenticabile esperienza del 1960, fummo battuti da Atene per i Giochi del 2004 e ci siamo chiamati fuori da quelli del 2020 e 2024.
Molti, a causa della rinuncia del 1940 e del recente rinvio al 2021, hanno scritto che le Olimpiadi sono maledette per il Giappone! E per noi, allora?
Didascalie:
In Copertina: La copertina di Roma Olimpiaca
1. Il Villaggio Olimpico progettato per l’Olimpiade 1944 a Roma
2. Il manifesto dell’Esposizione Universale di Roma 1942 (E42)
3. Il conte Henri de Baillet-Latour, presidente del CIO dal 1925 al 1942